Quando rileggiamo le tragedie storiche del Novecento, spesso ci chiediamo: ma come è possibile che popoli interi abbiano fatto finta di niente, abbiano girato la testa dall’altra parte?
Ebbene il moto di sarcasmo con cui Salvini oggi apostrofa Gianni Morandi -se ami tanto gli emigranti, tu che sei ricco, aiutali di tasca tua- nella sua banalità e ripetitività svolge esattamente questa funzione palliativa. Vuole giustificare, se non teorizzare, la pulsione generalizzata di tanta gente perbene a mantenersi indifferente. Poi ci sono anche gli incarogniti, la piccola minoranza che per spregio alle vittime esulta se muoiono, proteggendosi dietro l’anonimato della rete. Ma è la maggioranza degli indifferenti che cerca sollievo negli argomenti di Salvini. Magari non lo seguono quando cavalca la ruspa davanti al campo rom di Livorno, allusione da energumeno violento. Ma invece quando scarica un problema storico sulle spalle di pochi privilegiati, irridendo la loro falsa bontà vome se qui si trattasse di sentimenti, allora lo seguono in tanti.
Liliana Segre, sopravvissuta al lager di Auschwitz, ha voluto che all’ingresso del memoriale di Binario 21, il luogo da cui partì il treno della sua deportazione, venisse scritto in grande: indifferenza. Appunto.