Pensioni: quanto costerebbe la “rottamazione” della legge Fornero promessa da Renzi

mercoledì, 20 maggio 2015

Dopo l’adozione del decreto per rimborsare le pensioni bloccate dal governo Monti Matteo Renzi ha promesso una revisione della riforma Fornero. Il presidente del Consiglio non  è entrato nei dettagli di una misura potenzialmente molto più costosa del cosiddetto “bonus Polett”, ma ha ribadito come l’intenzione del governo sia inserire più flessibilità. La riforma previdenziale Fornero prevede rigidi vincoli al pensionamento legato all’età, così come l’estensione definitiva del metodo contributivo per calcolare gli assegni.” Diciamo la verità: se io sono una donna di 62 anni, per me le normative del passato sono intervenute in modo troppo rigido. Se una donna a 61, 62, 63 anni, vuole andare in pensione due o tre anni prima, rinunciando a 20-30-40 euro, per godersi il nipote anziché dover pagare 600 euro la baby sitter, bisognerà trovare le modalità perché glielo si possa permettere, come riporta Pensioni Oggi. Calcolare l’impatto di una maggiore flessibilità sulle pensioni non è semplice, ma il punto chiave per una simile misura è la penalizzazione.  Ogni lavoratore che anticiperà la quiescenza subirà una riduzione del suo importo, e calcolarne l’importo è il vero problema. La spesa previdenziale è la posta che pesa di più sul bilancio dello Stato: vale circa 270 miliardi di euro, più del doppio rispetto alla sanità, ed è in continua crescita a causa dell’allungamento della vita. La riforma Fornero, molto criticata, ha avuto il merito di stabilizzare la dinamica della spesa, riducendola per il futuro. L’esponente del Partito Democratico che più si è speso per modificare la normativa sulle pensioni, Cesare Damiamo, prevede una penalizzazione del 2% sul futuro assegno per ogni anno di età lavorato in meno rispetto ai 62 anni. La stima di un simile intervento prevede un aumento, ogni anno, di circa 3, 4 miliardi l’anno. Il gettito dell’Imu prima casa, più o meno.  Renzi ha parlato di piccola riduzione, e forse ha alluso a questa proposta. Tito Boeri, così come il consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, hanno sostenuto l’ipotesi di tassare di più la parte di pensione calcolata con il retributivo, per chi va in pensione prima dei 66 anni. Questa penalizzazione sarebbe più sensibile, visto che si stima una riduzione dell’importo di circa il 20% per gli assegni più alti. Ancora più penalizzante è l’opzione donna, introdotta dalla riforma Fornero e in vigore fino a fine 2015. Grazie a questa disposizione una donna può maturare i requisiti per la pensione con 57 anni di età e 35 anni di contributi. La sua pensione sarà però erogata solo attraverso il metodo contributivo. Il ricalcolo dell’assegno dipende dal profilo della lavoratrice, ma secondo le stime di Pensioni Oggi la riduzione varia da meno 27% a meno 39%. L’opzione donna appare l’unica via che non avrebbe un significativo impatto sui conti pubblici, e potrebbe essere prorogata, oltre che estesa anche agli uomini. L’Unione Europea ha fatto sapere che ogni intervento sulle pensioni è possibile, ma a saldi di bilancio invariati. Prima o poi il nostro Paese dovrà ridurre il suo stock di debito pubblico così come il suo disavanzo annuo, e aumentare la spesa previdenziale non è un’opzione plausibile sotto questa prospettiva.

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