La caduta di Palmyra conferma che il regime di Assad non può essere un baluardo contro il Califfo

giovedì, 21 maggio 2015

La storia non si fa con i se, nè tanto meno possiamo esibire controprove. Ma l’avanzata dell’Is in territorio siriano, con la odierna conquista di Palmyra dopo il consolidamento a nord e alla periferia di Damasco, evidenziano una debolezza intrinseca del regime di Assad che neanche l’Iran e gli Hezbollah libanesi bastano a compensare. Continuo a pensare che un intervento occidentale al fianco dell’opposizione siriana nel 2011, quando ancora non era sottomessa alla forza totalitaria del jihadismo, sarebbe stato meglio dell’inazione opportunista. In molti -senza dichiararlo apertamente- hanno continuato a vedere in Assad un alleato utile contro l’espandersi del Califfato. Errore funesto. Mentre in Iraq, con l’eccezione della regione autonoma curda, l’Is coinvolge direttamente nella guerra la forza militare iraniana, fomentando lo scontro sciiti-sunniti, in Siria opera sistematicamente a suo vantaggio la disgregazione del regime di Damasco. Cruciale diviene il lunghissimo assedio di Aleppo, città condannata a una sofferenza senza fine. Altrettanto pericolosa è la situazione al confine libanese, vicino a Baalbek. Ma illudersi che tanto si ammazzano tra di loro e quindi la faccenda non ci riguarda, è stato un errore fatale che ha consentito l’espandersi della metastasi.

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