L’incompresa responsabilità della Corte Costituzionale

giovedì, 21 maggio 2015

La sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni ha evidenziato ancora una volta la centralità di questa istituzione nel nostro ordinamento repubblicano  Una presenza fondamentale, e irrinunciabile, anche se qualche volta si possono avere motivi di dissenso verso le decisioni dei supremi magistrati del nostro Paese. Un giudizio positivo confermato dalle dichiarazioni rivolte dal presidente Alessandro Criscuolo e da Giuliano Amato ad Aldo Cazzulo, autore di un approfondimento sulla Corte pubblicato sul “Corriere della Sera” di giovedì 21 maggio 2015. Il giudice che guida la Consulta rimarca come in merito alla sentenza sulle pensioni non siano state fatte valutazioni economiche. Una posizione che può sembrare irresponsabile, visto il maxi importo, molto ipotetico in realtà, dell’annullamento del blocco delle pensioni adottato dal governo Monti. Benchè la sentenza sia opinabile, come tutte le altre, accusare la Consulta di “sfasciare i conti pubblici” è un argomento insussistente. La Corte Costituzionale valuta la legittimità di una legge, e non decide certo i saldi finanziari del nostro Paese, compito affidato interamente agli organismi eletti dal popolo. Un’accusa che diventa ancora più debole se effettuata da un governo che ha rivendicato l’aumento del disavanzo pubblico per finanziare una misura dal carattere marcatamente elettorale, e piuttosto inefficace dal punto di vista economico, come gli 80 euro.  L’eccesso di spesa previdenziale che caratterizza il nostro Paese non è certo un argomento su cui la Corte si possa pronunciare, visto che dipende interamente dalla volontà dei Parlamenti e dei Governi, presenti e passati.  La sentenza della Consulta sulle pensioni appare però contraddittoria rispetto all’annullamento della “Robin Tax” in merito al rispetto dell’articolo 81 sull’equilibrio di bilancio e sulla retroattività conseguente dei rimborsi, e su questo punto la sua giurisprudenza dovrà ritrovare una necessaria coerenza. E’ molto probabile che la Consulta si dovrà poi pronunciare ancora una volta sulla questione, visti i ricorsi già annunciati contro il decreto del governo Renzi. Anche se è spesso dimenticato, la nostra democrazia si basa sulla sovranità popolare, che viene esercitata nei limiti nelle forme stabilite dalla Costituzione. La Consulta è stata, è e sarà ancora la garanzia del rispetto del limite al potere che è l’essenza stessa di una democrazia. L’affidarsi plebiscitariamente alle decisioni di un singolo leader o di un singolo potere/organismo costituzionale porterebbe la nostra Repubblica in un’altra zona, che finora non è mai stata percorsa, e non sembra neanche poterla fare. La sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni ha inoltre un chiaro merito,ovvero aver evidenziato ancora una volta la pessima qualità della nostra legislazione. L’Italia decide troppo e troppo in fretta, affastellando decreti su decreti non risolutivi, con Governi e Parlamenti spinti alla massimizzazione di un interesse politico momentaneo che produce mostri giuridici superati poi dalla realtà. Così è stato il Porcellum, come il Lodo Alfano, la Fini-Giovanardi sulle droghe o la legge 40, bocciati meritoriamente dalla Consulta.

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