Regionali 2015: la prima vera sconfitta politica di Renzi

lunedì, 1 giugno 2015

Il PD controllava 5 regioni contro le 2 del centrodestra, e alla fine dello scrutinio questo risultato è rimasto praticamente immutato. Matteo Renzi si è mostrato tranquillo durante lo spoglio, facendo diffondere dal suo portavoce Filippo Sensi una foto di lui mentre gioca ai videogiochi con il presidente del PD Matteo Orfini. Se rimarrà questa la reazione del presidente del Consiglio al voto, alla prima sconfitta politica subita da Renzi seguirà anche un grande errore strategico. Salvare la faccia grazie alle liste piene di impresentabili di De Luca che hanno permesso l’affermazione in Campania e grazie alla forza della macchina Pci in Umbria significa avere perso le regionali 2015. Questa tornata elettorale avrebbe dovuto sigillare la nascita del Partito della Nazione capace di dominare la politica italiana, ma il PD di Renzi non è capace di superare il 20% in Veneto e ottiene percentuali peggiori del 2010 in Liguria. Il Nord ha bocciato il governo, invertendo completamente il risultato delle europee dell’anno scorso e tributando un vero e proprio trionfo alla Lega di Salvini. Silvio Berlusconi ha salvato il poco che rimane di Forza Italia con la vittoria di Giovanni Toti in Liguria, mentre le candidate “renziane” Moretti e Paita, giovani donne telegeniche, sono state nettamente battute. Prendersela con Cofferati e Civati, dopo averli sostanzialmente spinti all’addio per favorire l’ascesa del Partito della Nazione dove la “vecchia sinistra” non avrebbe avuto posto, appare un errore di valutazione piuttosto clamoroso della classe dirigente renziana. Rispetto alle europee il PD cala dappertutto, con l’eccezione della Puglia di Michele Emiliano, il candidato presidente che più si è distinto dal governo Renzi durante la campagna elettorale. Emiliano ha sposato lo sciopero degli insegnati contro la “Buona Scuola”, suscitando l’ira del presidente del Consiglio che non si è mai fatto vedere al suo fianco in Puglia. Nelle regioni “rosse” l’unica affermazione convincente, sempre inferiore alle europee , è la vittoria nelle Marche, mentre Enrico Rossi cala di quasi 10 punti rispetto al PD stellare del 2014. In Umbria, amministrata sin dal 1970 dalla sinistra, Catiuscia Marini ha vinto per circa 10 mila voti, grazie soprattutto alla debolezza di Forza Italia. In Veneto, regione dove il PD era arrivato al primo posto con il 37% dei voti, Alessandra Moretti è stata più che doppiata da Zaia, peggiorando il già disastroso risultato del 2010. In Liguria il PD ha ottenuto un sinistro 25%, quasi 17 punti in meno rispetto al 2014. Pastorino ha preso il 9.  Il PD conquista la Campania grazie alle liste civiche di De Luca, mentre Emiliano appare il fattore determinate per il brillante successo in Puglia. Mentre Renzi guarda ai moderati di NCD ormai dissolta, il successore di Nichi Vendola invece vorrebbe governare con il M5S. Il vero dato politico di queste regionali appare il continuo calo del PD alle amministrative, iniziato in Emilia-Romagna, rilevato in Trentino e Val d’Aosta e proseguito in questa tornata elettorale. Il 41% delle europee appare episodico, visto che una proiezione nazionale di questo voto indicherebbe il PD poco sopra il 30%. La prima stima sulle regionali rileva una contrazione di 2 milioni di voti rispetto alle europee dell’anno scorso. Per Renzi c’è molto su cui riflettere, per non trasformare il ballottaggio dell’Italicum nel peggior disastro della storia della sinistra italiana. Alle regionali ha trionfato la Lega Nord di Matteo Salvini, e il centrodestra unito già ora potrebbe battere il PD. Una sintesi politica certo non facile da realizzare, mentre il M5S può esultare per un voto davvero positivo alle amministrative. I grillini sono penalizzati dalla mancanza del voto di opinione in elezioni dove contano il radicamento territoriale e la forza dei candidati. A queste regionali i 5 Stelle hanno però tenuto in modo sorprendente, consolidando il loro ruolo di opposizione a Renzi nonostante, o forse grazie, all’assenza di Grillo e il boom di Salvini, che fa campagne anti sistema assimilabili a quelli del M55.

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