Clausole di salvaguardia, una bomba nei conti pubblici da 70 miliardi di nuove tasse

venerdì, 12 giugno 2015

La Commissione UE ha bocciato nelle settimane scorse la “reverse charge”, un meccanismo di inversione contabile dell’Iva che avrebbe aumentato il gettito fiscale del 2015 di poco più di 700 milioni di euro. Vista la natura aleatoria di questa copertura, il governo aveva inserito nella legge di Stabilità una delle tante clausole di salvaguardia poste come garanzia della stabilità dei conti pubblici. Le clausole fiscali impongono un inasprimento eventuale della tassazione, che andrà evitato tramite riduzioni della spesa oppure nuove fonti di copertura. Un articolo del “Sole 24 Ore” di venerdì 12 giugno 2015, scritto da Dino Pesole, prende spunto dalla decisione del Consiglio dei ministri per evidenziare la fragilità del nostro equilibrio di bilancio. Il governo Renzi ha deciso di rinviare l’aumento dell’accise di benzina posto come garanzia per la “reverse charge”, il cui annullamento ha prodotto un buco che andrà colmato nei prossimi mesi. Come ancora non si sa, vista che l’ipotesi di aumentare l’acconto Ires e Irap circolata in questi giorni è stata subito bloccata vista la ferma protesta di Confindustria, indisponibile ad accettare un aumento di imposizione fiscale sulle imprese, per quanto temporaneo e colmato dalla riduzione successiva dello stesso. Il rientro dei capitali all’estero via “voluntary disclosure” non è una fonte disponibile, visto che già era stata impegnata dal governo Letta per garantire la disgraziata abolizione dell’Imu sulla prima casa . La copertura della “reverse charge” è tutto sommato modesta, e gestibile dall’esecutivo, mentre molto più problematico è l’intero ammontare delle clausole di salvaguardia inserite nell’ultima legge di Stabilità. Per garantire il consolidamento dei conti pubblici è stato previsto un aumento dell’Iva e dell’accise sulla benzina che vale 12,8 miliardi nel 2016, 19,2 nel 2017 e 22 nel 2018. Il governo si è impegnato a evitare l’inasprimento dell’imposta sul valore aggiunto tramite tagli agli spesa pubblica, che dovrebbero valere 10 miliardi d euro. Nel 2014 l’unica voce di bilancio in cui è stata registrata una riduzione è il costo del debito, sceso di circa 5 miliardi grazie alle politiche della Bce. Secondo i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio l’ammontare delle clausole fiscali, inserite tanto dal governo Renzi quanto dagli esecutivi precedenti e non ancora scattate, vale più di 70 miliardi di euro. 671 milioni nel 2015, 16,1 miliardi nel 2016, 25,4 miliardi nel 2017, e 28,2 miliardi nel 2018. Un inasprimento fiscale molto rilevante, che potrebbe essere coperto in modo sostenibile solo tramite una ripresa economica che aumentasse sensibilmente il gettito erariale. Altrimenti, come è più probabile, si ricorrerà alla “flessibilità” e al conseguente aumento del debito.

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