Obamacare, sulla riforma sanitaria la Corte Suprema assegna la vittoria definitiva al presidente

venerdì, 26 giugno 2015

La riforma sanitaria è e rimarrà la legge dello Stato. Barack Obama ha scelto toni giustamente trionfanti per commentare la sentenza della Corte Suprema che ha sancito la costituzionalità dei sussidi alle polizze sanitarie introdotti dall’Affordabable Care Act. La legge, nota come Obamacare,ha esteso la copertura sanitaria alle decine di milioni di americani che non potevano permettersi un’assicurazione attraverso  un’estensione del programma Medicaid, la mutua pubblica garantita a chi ha un reddito basso, e tramite redditi di imposta per sussidiare l’acquisto di polizze attraverso mercati istituiti a livello statale.Grazie a questi sussidi l’Affordabile Care Act ha dato attuazione al principio dell’individual mandate, l’obbligo per tutti i cittadini di dotarsi di un’assicurazione sanitaria. Dopo che la Corte Suprema aveva stabilito nel 2012 la costituzionalità dell’individuale mandate, in una sentenza diffusa ieri il massimo tribunale americano ha bocciato la richiesta di annullare i sussidi. Nella sentenza di King v. Burwell la Corte Suprema degli Stati Uniti ha definito legittima la provvisione di Obamacare che istituisce i mercati statali attraverso i quali i non assicurati possono acquistare polizze sanitarie grazie ai sussidi pubblici. La Corte ha dato ragione all’amministrazione americana su tutta la linea, così stabilendo definitivamente la riforma sanitaria come legge dello Stato. Barack Obama ha rimarcato quest’aspetto, evidenziando come l’Affordable Care Act sia ormai un pilastro del Welfare americano, a fianco ai programmi Social Security, le pensioni pubbliche, e Medicare, la sanità universale garantita agli over 65.

Obamacare è stata approvata nel 2010 dopo una durissima battaglia al Congresso, e più volte i Repubblicani, ritornati in maggioranza prima alla Camera dei Rappresentanti e poi al Senato degli Stati Uniti, hanno provato ad abrogare la legge. Grazie al potere di veto presidenziale nessun tentativo sarebbe mai andato in porto, e i maggiori sforzi contro Obamacare si sono concentrati nelle battaglie legali. Tre anni fa la Corte Suprema decise, per 5 a 4, di mantenere il principio più controverso della riforma sanitaria, l’obbligo di assicurazione, mentre ora è arrivato il mantenimento dei sussidi alle polizze assicurative. La riforma ha garantito a quasi 10 milioni di americani una copertura sanitaria a cui prima non avevano accesso, un aspetto sottolineato con grande forza da Barack Obama. Per i Repubblicani il verdetto è stato amaro, e i candidati alla presidenza, così come i leader congressuali, hanno annunciato il proseguimento della loro battaglia contro la riforma che ha introdotto in larga parte la copertura sanitaria universale anche negli Stati Uniti. Hillary Clinton ha commentato con grande enfasi il verdetto, che ha evidenziato ancora una volta il nuovo ruolo assunto dal Chief Justice John Roberts. Il presidente della Corte Suprema, nominato da George W Bush, ha deluso ancora una volta il Gop, dopo aver fornito il voto decisivo per salvare Obamacare nella sentenza sull’individual mandate. La Corte Roberts ha in realtà seguito una giurisprudenza piuttosto conservatrice, ma nei casi politicamente più rilevanti il Chief Justice ha deciso ancora una volta di salvaguardare le competenze e le decisioni degli organismi eletti dal popolo. La battaglia sulla riforma sanitaria definitiva si giocherà nel 2016, anche se appare difficile che, in caso di elezione di un presidente repubblicano, possa essere tolta la copertura assicurativa a chi prima non poteva permettersela. Come già successo in passato, la destra americana ha avversato l’introduzione dei grandi programmi del Welfare americano, per poi adeguarvisi vista la loro popolarità. Obamacare è una riforma che divide l’opinione pubblica americana, ma alcuni suoi aspetti sono particolarmente popolari, e grazie anche alle sentenze della Corte Suprema in futuro ci potranno essere correzioni più che cancellazioni dei suoi pilastri.

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