Le improbabili ricette autarchiche di Salvini per l’economia

mercoledì, 1 luglio 2015

Matteo Salvini è stato intervistato dal bravo vicedirettore del “Sole 24 Ore” Fabrizio Forquet sull’edizione del quotidiano di Confindustria di mercoledì 1 luglio 2015. Il leader della Lega Nord ha sintetizzato il suo programma economico, discutendone e ammettendo anche diverse fragilità. Un atteggiamento apprezzabile, mentre ben meno condivisibili sono le ricette esposte. Un eventuale governo Salvini avrebbe tre priorità: l’uscita dall’euro, la flat tax e l’abrogazione della riforma Fornero sulle pensioni, con un significativo abbassamento dell’età pensionabile. Le scene di panico dei migliaia di greci davanti ai bancomat dopo la convocazione del referendum sull’uscita dalla moneta unica hanno spinto Salvini a schierarsi per un addio controllato e condiviso. ” L’uscita unilaterale dell’Italia sarebbe un casino. Noi stiamo valutando diverse soluzioni: dall’euro a due velocità, all’introduzione di monete per aree più omogenee. Bisogna mettersi intorno a un tavolo e proporre un’Europa diversa. Un tavolo con tutti quelli che ci stanno. Riconosciamo gli errori e pensiamo, da subito, a costruire il domani dell’Europa. Ma se la Ue si ostina a difendere l’euro così come è, siamo anche pronti a uscire dall’Europa. Stiamo vivendo un dramma economico, non si può andare avanti con vincoli e regole che ci strozzano”. La posizione di Salvini maschera un atteggiamento più moderato, ovvero la decisione di non rispettare i parametri di indebitamento del Patto di stabilità. Il tetto del deficit al 3% non verrebbe rispettato, così come il leader della Lega si schiera contro il pareggio di bilancio strutturale in Costituzione, il punto più importante del Fiscal Compact. La proposta di Salvini è fare molto più debito, per stimolare la ripresa economica. Il punto rimane sempre chi comprerebbe il debito italiano, e quanto aumenterebbe il suo costo. Solo grazie all’ingresso nell’euro prima e ora grazie al ruolo attivo della Bce il Tesoro riesce a collocare obbligazioni a tassi sostenibili. La stessa crisi dello spread ha dimostrato come un aumento marcato dei rendimenti sul sovrano porterebbe l’Italia prossima alla bancarotta, vista la dimensione monstre del nostro debito pubblico. Salvini rimarca, piuttosto correttamente in realtà, come la ripresa sia oltremodo fragile, e rilancia l’idea di uno shock fiscale per dare forza all’economia italiana. Se appare pacifico che l’attuale livello della pressione tributaria sia eccessivo, sopratutto alla luce di quanto sia quella effettiva su chi paga le tasse in un Paese caratterizzato da diffusa evasione, qualche dubbio in più sorge sull’efficacia. Il flop degli 80 euro, incapaci di stimolare i consumi, come mostrano i dati Istat degli ultimi 12 mesi, dovrebbe spingere allo scetticismo sul punto. Salvini però propone una versione ben più hard dello stimolo fiscale, con un flat tax al 15%. La proposta è estremamente costosa, e già la stima da 40 miliardi fatta dal leader leghista sarebbe molto difficile da finanziare. Lo Stato dovrebbe tagliare una quota significativa di spesa e ridurre in modo consistente le sue prestazioni sociali, oppure licenziare qualche decina di migliaia di persone, per poter sostenere un simile esborso. 30 anni di spending review mai sostanzialmente riuscita dovrebbero pensionare la retorica sugli sprechi da cancellare per coprire costose regale fiscali. Al contrario, Matteo Salvini non solo propone un taglio fiscale da almeno 40 miliardi, ma promette un aumento significativo della spesa previdenziale. Il leader leghista, tatticamente molto furbo, si schiera in favore della proposta Damiano per cancellare la riforma Fornero e riportare l’età pensionabile a 62 anni. Il presidente dell’INPS ha stimato un esborso aggiuntivo da 8,5 miliardi di euro per la riforma previdenziale del deputato PD appoggiata da Salvini, circa il doppio di quanto incassa lo Stato con la tassa sulla prima casa. Al di là delle stime, la spesa previdenziale è di gran lunga la voce più consistente del bilancio pubblico, con una dinamica di crescita inerziale contenuta solo dalla riforma Fornero. A meno di immaginare un devastante aumento dei contributi, già molto alti, non si vede come si possa finanziare una simile proposta.

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