Grecia rimane nell’euro grazie al terzo salvataggio. L’intesa al ribasso è fatta

lunedì, 13 luglio 2015

Nelle istituzioni europee c’è una regola ormai logora che viene confermata ogni volta. Viste la difficile convergenza di interessi nazionali talvolta contrapposti, si sceglie sempre la mediazione al ribasso. I punti più simbolici delle trattative vengono sostanzialmente stralciati, per poterli poi rivendicare come successo di fronte alle opinioni pubbliche nazionali. Nell’Europa del metodo intergovernativo imposto da Merkel e conservatori e mai contestato dai socialisti dopo lo scoppio della crisi e il fallimento della Costituzione, ciò che conta per i leader è poter emergere come vincitori negli scontri di Bruxelles. Una posizione alquanto miope, che però appare confermata anche dall’intesa siglata sulla Grecia. La Germania e i suoi alleati, sopratutto le nazioni più piccole e povere che hanno percepito con terrore il possibile impatto della ristrutturazione dei crediti sui loro bilanci, hanno ottenuto la sostanziale conferma dei piani di salvataggio del passato. Rimangono la Troika e le sue misure, con privatizzazioni, liberalizzazioni, drastica riduzione della spesa pubblica, più aumenti delle tasse per garantire che qualcosa rientri ai creditori, che nei due piani precedenti di assistenza finanziaria precedenti non sembrano aver prodotto risultati positivi. Eufemismo. La Grecia evita le condizioni più umilianti, come il fondo di garanzie da 50 miliardi, e la scomparsa dell’ipotesi Grexit. Il no al taglio del debito è secco, ma potrebbe essere garantito a breve un nuovo reprofiling, in realtà concesso già altre volte dai creditori ad Atene. Alexis Tsipras può blandamente rivendicare come un successo aver ottenuto ciò che ha sempre contrastato? Difficile, però ci proverà, anche per rimanere al potere. Rispetto alla brutalità del primo comunicato dell’Eurogruppo di ieri il premier greco potrà affermare di aver addolcito la cura. Chi si è battuto contro il rigore della Germania e dei suoi tanti alleati nell’Eurogruppo, come Francia in primis, ma anche Italia, potrà rivendicare come successo la permanenza della Grecia nell’euro. La contropartita di questo risultato è stata l’ennesima bocciatura di ogni ripensamento dell’unione monetaria così come finora è stata, anche perchè né Roma né Parigi appaiono in grado di prospettare alcuna diversa soluzione. Meglio evitare scontri e tensioni sul debito sovrano che renderebbero impossibile anche la finzione del rispetto dei parametri europei. Il funzionalismo monnetiano con cui è stata costruita l’unità europea è arrivato esangue alla prova della crisi più grave vissuta in questi sessant’anni dal Vecchio Continente, ma visto che l’integrazione federalista appare pressoché impossibile non ci si può che accontentare di una sua riproposizione sempre più logora e impopolare.

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