La vittoria della minoranza PD sulla Rai sembra proprio un autogol

venerdì, 31 luglio 2015

Matteo Renzi ha vissuto una settimana che ha testimoniato il suo crescente logoramento. Prima la mancanza ripetuta del numero legale al Senato, poi la nascita del gruppo di Verdini, operazione trasformistica che rischia di creare più danni che benefici. Il vero pasticcio si è creato sul caso Azzollini, con il PD che prima vota in Giunta a favore della richiesta d’arresto, poi dà libertà di voto ai suoi senatori. Le proteste difffusesi rapidamente contro il “salvataggio” del senatore NCD hanno evidenziato un dilemma nella leadership del PD, con il vicesegretario Serracchiani che ha chiesto scusa ai militanti, mentre l’altro vice Guerini, come il capogruppo Zanda, hanno difeso questa scelta. Il segretario e presidente del Consiglio ha tenuto un silenzio imbarazzato, e la stessa rinuncia alla partecipazione alla Festa dell’Unità di Roma, con semplice comparsata per salutare i militanti a ora tarda, non appare certo un segnale di forza. La minoranza del PD ha però involontariamente dato una mano a Renzi mandando sotto il governo sul canore Rai. Criticare il gruppo per la libertà di coscienza sul caso Azzollini e poi votare contro sulla riforma della TV pubblica appare una contraddizione davvero eccessiva. ll principio di maggioranza deve disciplinare, con ragionevolezza, la vita interna di un partito o di un gruppo parlamentare. Un dissenso sistematico diventa però problematico, e una legittimazione di una conduzione del partito che appare piuttosto zoppicante. La minoranza bersaniana ha voluto mandare un segnale a Renzi subito dopo la nascita del gruppo di Verdini, per rimarcare come il presidente del Consiglio non possa e non debba evitare il confronto con chi è alla sua opposizione nel PD. Aver mandato questo messaggio su un tema come la Rai, e proprio in una settimana così negativa per Renzi, appare però un autogol. L’impopolarità tra i militanti e i simpatizzanti democratici delle ultime decisioni avrebbe consigliato maggior cautela, visto che in queste ore è scattata l’ovvia ostilità per chi minaccia di far cadere il Governo guidato dal segretario del proprio partito. “Così si disfa un partito”, ha rimarcato Orfini, e appare difficile dargli torto. Anche la Serracchiani, dopo i pasticci su Azzollini, ha ritrovato vigore.

Voti in dissenso su materie relative a questioni di coscienza oppure su temi di rilevanza costituzionale possono essere compresi e accettabili: il canone Rai non può certo rientrare in simili categorie. La minoranza PD ha poi subito le altrettanto ovvie critiche per aver votato insieme agli avversari: criticare Renzi per Verdini e poi ottenere il plauso di Brunetta è una contraddizione piuttosto evidente, specie se ciò avviene nell’arco di un solo giorno.

 

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