La Siria non può che riversarsi sull’Europa che l’ha ignorata per quattro anni

domenica, 23 agosto 2015

In Macedonia il blocco dei manganelli e dei lacrimogeni cede il passo all’umanità dell’accoglienza. I profughi oltrepassano il confine. Non sono una marea, solo millecinquecento, l’avanguardia di una grande fuga inarrestabile dalla guerra. Fermarli si configurava come un’infamia non più a lungo sopportabile. Il governo di Skopje ha dovuto arrendersi di fronte all’evidenza di un dramma che già si è riversato sui paesi confinanti con la Siria: la Giordania, il Libano, il Kurdistan iracheno e la Turchia. Dopo quattro anni di sostanziale indifferenza europea nei confronti della feroce guerra civile in cui si dissolve la nazione siriana, era inevitabile che quella popolazione si riversasse anche sul territorio europeo. Organizzare l’accoglienza è l’unica scelta responsabile. Grottesco, oltre che disumano, si è rivelato il tentativo di sbarrare il passo alle famiglie in fuga per la sopravvivenza. L’improvvisazione e il caos odierni sono la conseguenza di una mancata, tempestiva assunzione di responsabilità. Ma restano il male minore, di fronte al concreto pericolo di un massacro già in corso.

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