Ricordiamolo ai coccodrilli piangenti: Aylan stava fuggendo dal terrore islamista

venerdì, 4 settembre 2015

Pare che la foto di un bambino curdo, una sola fra le migliaia di vittime annegate nel Mediterraneo dall’inizio del 2015, smuova le coscienze dei governanti europei. Me lo auguro, anche se ne dubito. Non ho ancora sentito dire la necessità più urgente e banale: fornire mezzi di trasporto sicuri per i fuggiaschi, basterebbero alcuni traghetti per fare la spola. Ma soprattutto non vorrei che il senso di colpa provocato da quell’immagine di morte sulla spiaggia di Bodrum finisse male indirizzato, solo ad alimentare una controversia sulla mancata accoglienza che disonora l’Europa.
Eh no, per favore, coccodrilli piangenti, ricordatevelo (ricordiamocelo): Aylan con il suo fratellino e i suoi genitori stavano fuggendo da Kobane, città siriana al confine con la Turchia, assediata per mesi e semidistrutta dall’esercito del sedicente Califfo Abu Bakr Al-Baghdadi, caporione di una feroce corrente salafita jihadista impegnata in una guerra di conquista dell’intera regione mediorientale. L’inadempienza colpevole dell’Europa comincia dall’essersi disinteressata per quattro anni della guerra in Siria e della catastrofe umanitaria provocata sia dal regime di Assad sia dai jihadisti che assediano Damasco. Tale situazione difficilissima da gestire finora ci ha fornito l’alibi per non far nulla, nel timore di sbagliare. Ma il nemico principale è lì, sotto gli occhi di tutti: ha preso le forme di una degenerazione fanatica e blasfema della religione islamica che costringe alla fuga milioni di persone così come ne opprime altrettante. Leggo su “Il Foglio” di oggi una pereziosa testimonianza di Hocine Drouiche, presidente del consiglio islamico di Nimes e vicepresidente della conferenza degli imam di Francia sulla deriva settaria che affligge il mondo musulmano. E’ raro trovare interventi così acuti, dove l’amore per la propria gente e la propria fede si manifesta nel rifiuto di ogni reticenza. Ecco. Europei e mediorientali, laici o religiosi, questo dobbiamo alle migliaia di persone che stanno morendo durante la fuga: accogliamoli, certo. Ma ricordiamoci da chi stanno scappando e impegniamoci per debellare -anche con la forza, è inevitabile- quella minaccia oscurantista che abusa della definizione di Stato Islamico.

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