L’abolizione di Imu e Tasi favorisce i più benestanti e gli anziani, e penalizza i giovani

martedì, 8 settembre 2015

Tagliare le tasse non è neutro. Alcuni ceti sono favoriti, altri invece penalizzati. La misura più simbolica della prossima legge di Stabilità annunciata da Matteo Renzi è la cancellazione e dell’imposta sulla prima casa. L’addio a Tasi e Imu vale poco meno di 5 miliardi, ma il suo impatto è molto diverso a seconda di reddito ed età. Come mostra un’analisi di Federico Fubini sul “Corriere della Sera”, che si basa sui dati forniti da Banca d’Italia, i maggiori beneficiari dell’addio alla tassa sulla prima sono gli italiani che hanno i redditi più alti. Tra il 20% degli italiani che guadagnano di più 9 su 10 sono proprietari di case. Come rimarca il vicedirettore del “Corriere”, ” se si guarda invece al 20% della popolazione che guadagna meno, fra loro solo il 34% vive in casa di proprietà ed è candidato allo sgravio; gli altri due terzi fra i meno abbienti sono solo candidati a pagare per quello sgravio con il loro contributo alla fiscalità generale. L’effetto è anche accentuato dal fatto che le case dei più benestanti in media sono più grandi (137 metri quadri) e pagavano più Imu o Tasi”. Una misura regressiva, che penalizza anche i più giovani. Il governo ha rimarcato come abolire la Tasi o l’Imu significa aiutare la maggior parte della popolazione, visto che molti italiani sono proprietari di case, parlando di una percentuale superiore all’80%. In realtà non è così: per Banca d’Italia il 67% delle famiglie ha una casa di proprietà, dato che sale per l’Istat al 71%. Ovviamente ci sono differenze anche sostanziali per fasce d’età. Il 76% delle famiglie con una capofamiglia di più di 55 anni è proprietario di un’abitazione, percentuale che scende al 44% per chi ha meno di 34 anni. La maggioranza dei giovani, rimarca Fubini, dovranno compensare con le loro tasse l’ammanco dei Comuni. Al momento il governo Renzi ha fornito solo i titoli di questa misura, ma al di là dei legittimi dubbi sull’efficacia di una simile misura – anche Padoan, quando lavorava all’Ocse, consigliava di concentrare gli sgravi fiscali su redditi da lavoro e capitale piuttosto che sul patrimonio immobiliare – c’è una questione di giustizia sociale, anche generazionale. Il Welfare italiano è particolarmente sfavorevole per le giovani generazioni,a causa dello sbilanciamento causato dalla rilevante spesa pensionistica. “Nei termini più crudi l’abolizione di Tasi e Imu è dunque un trasferimento di risorse dai giovani agli anziani, dai meno istruiti ai più istruiti, da chi guadagna di meno a chi guadagna di più e dagli immigrati agli italiani. Naturalmente il fisco non agisce mai solo in modo così meccanico. Abolire quelle tasse può sostenere il prezzo delle case, dunque favorire i consumi o le banche che hanno quelle case in garanzia, e ora potrebbero dare più credito. Del resto il governo ha già aiutato parte dei ceti deboli con altre misure, né è chiaro che sia il fisco lo strumento migliore per offrire a tutti un’opportunità di riscatto. Ma un arbitro neutrale, di certo, le tasse non lo saranno mai”. Così conclude il pezzo Federico Fubini, che ben centra il carattere regressivo di una simile misura. A meno di credere che una tassa che vale una percentuale minima del prezzo delle abitazioni possa influenzare in modo rilevante le dinamiche del mercato immobiliare, l’abolizione dell’Imu e della Tasi appaiono una scelta sbagliata. Specie considerando che le coperture saranno oltremodo fragili, e il governo Renzi ha già annunciato di voler aumentare l’indebitamento del nostro Paese.

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