La vittoria di Jeremy Corbyn ci ricorda che la scissione di sinistra del Pd sarebbe una fesseria

domenica, 13 settembre 2015

Fra le varie considerazioni stupefatte con cui è stata accolta la vittoria schiacciante di Jeremy Corbyn nelle primarie del Labour inglese (molto spiritoso Antonio Polito che scrive: è come se Gino Strada fosse diventato segretario del Pd), ne aggiungerei una riguardante il futuro della sinistra italiana: la contendibilità democratica della leadership all’interno di un grande partito-contenitore che sappia preservare il valore popolare dell’unità. Il fallimento odierno delle politiche socialdemocratiche in Europa, e in particolare della loro declinazione “liberal” impersonata da Tony Blair a cui si rifà in ritardo il nostro Matteo Renzi, costringono l’insieme della sinistra a ripensare in un territorio incognito la sua cultura. Ma un conto è illudersi di farlo separandosi in formazioni alternative che inevitabilmente tendono a rinchiudersi in se stesse, seguendo impulsi di convenienza e scelte di natura spesso personalistica, altro conto è mantenere l’ambizione di rivolgersi all’insieme della comunità di sinistra, rifuggendo logiche minoritarie.
Può anche darsi che il tragitto sia lungo. Non è detto che in ogni fase storica la guida del governo debba essere l’imperativo primo di chi fa politica. La realtà può essere trasformata, e migliorata, anche con un impegno che metta al primo posto i valori e gli ideali imprescindibili nel porre le basi di una società futura più giusta. Può succedere anche in Italia. Renzi e il renzismo non sono eterni, e non è detto nemmeno che prossimamente non si rivelino drammaticamente anacronistici. La lezione di Corbyn, per quanto mi riguarda, è che progettare una scissione di sinistra del Pd, oggi come oggi, sarebbe solo una fesseria.

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