Il florilegio delle parole a vanvera sul Colosseo e il turismo

sabato, 19 settembre 2015

Una delle caratteristiche più tipiche del nostro dibattito pubblico è l’isterica emotività che genera un “caso” del giorno, a cui la politica si sente costretta a dare una risposta immediata, che però non cambia sostanzialmente nulla visto che si travisa, nella prassi, il problema. Anche per questo l’Italia approva troppe leggi, e troppo velocemente, che poi sono introdotte nell’ordinamento con molto ritardo. Il “caso del giorno” però è stato pressoché dimenticato, e l’ansia rabbiosa che si percepiva si dissimula quasi completamente. Questa considerazione molto generica può valere per la chiusura del sito museale più importante del nostro Paese, il Colosseo e i Fori Imperiali, per un’assemblea sindacale legittima e preventivamente annunciata. Le immagini delle migliaia dei turisti in coda hanno suscitato una rilevante eco, e subito il governo Renzi ha deciso di correre ai ripari con il decreto legge. Il cambiamento più rilevante di questa norma è l’inserimento dei musei nei “servizi pubblici essenziali”. Una misura anche ragionevole, in teoria. Praticamente i siti museali saranno disciplinati come i treni, le scuole o gli ospedali dal punto di vista dell’organizzazione degli scioperi. Chi ha preso qualche volta un treno o è andato a scuola sa che in questi servizi pubblici essenziali il diritto di astensione dal lavoro viene spesso (e talvolta, anche troppo) esercitato, e di conseguenza si fa fatica a comprendere quale siano le aspettative riposte in questo ennesimo decreto legge. Lo stupore per l’ennesimo “caso” del giorno lascia spazio al trasecolamento per le invettive dei “decisionisti” che governano l’Italia. La palma dei migliori spetta a due sottosegretari, Francesca Barracciu e Ivan Scalfarotto, che sui social network hanno espresso rare perle di saggezza. La sottosegretaria ai beni culturali è riuscita a definire l’astensione del lavoro  un “reato”, poi correggendosi imbarazzata evidenziando come parlasse in senso “lato”. Alla ragionevolezza così come alla legislazione italiana, probabilmente.

Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle riforme costituzionali, invece è riuscito a scrivere che l’assemblea era stata indetta repentinamente. Vista la palese falsità, si è corretto in modo peggiore, rimarcando come mancasse una notifica al New York Times, evidentemente lettura di ogni turista straniero che viene in Italia.

 

La cosa che più stride di questo “caso del giorno” è la discrasia tra enfasi e realtà. La classe politica rimarca sempre la vocazione culturale del nostro Paese, ma investimenti del settore latitano da molti anni, e viste le difficoltà di bilancio del Paese si è sempre preferito tagliare in questo ambito.

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