Un teologo del Vaticano confessa al “Corriere” la sua omosessualità: la vita senza amore è disumana

sabato, 3 ottobre 2015

“Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana”. Si apre cosi l’intervista del “Corriere della Sera” di sabato 3 ottobre 2015 a monsignor Krzysztof Charamsa, teologo, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana. Il teologo polacco sceglie il più importante giornale italiano per fare il coming out, prima dell’apertura del “Sinodo per la Famiglia” che verrà probabilmente scosso da questa intervista. La dichiarazione non solo della propria omosessualità, ma anche della relazione con un’altra persona, è stata fatta da monsignor Charamsa per dare un segnale alla Chiesa cattolica, a prezzo di pagarne una pesante conseguenza. ” Arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell’incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte — forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente — perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni. Dunque dico alla Chiesa chi sono. Lo faccio per me, per la mia comunità, per la Chiesa. È anche mio dovere nei confronti della comunità delle minoranze sessuali”. Probabilmente dopo il coming out monsignor Charamsa non potrà più insegnare nelle università romane dove lavora, anche se si dice convinto non gli verrà negato il sacerdozio. Il teologo scriverà una lettera personale a Papa Francesco per spiegare le ragioni del suo coming out, e rivendica come il cristianesimo sia la religione dell’amore. “Vorrei dire al Sinodo che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persone, anche i gay, le lesbiche e i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Una coppia di lesbiche o omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri, perchè è un fatto pubblico, non privato”. Nella chiusa finale dell’intervista il teologo del Vaticano rimarca come “se non fossi trasparente, se non mi accettassi, non potrei comunque essere un buon sacerdote perché non potrei fare da tramite alla felicità di Dio. Penso che su questi temi la Chiesa sia in ritardo rispetto alle conoscenze che ha raggiunto l’umanità. È già successo in passato: ma se si è in ritardo sull’astronomia le conseguenze non sono così pesanti come quando il ritardo riguarda qualcosa che tocca la parte più intima delle persone. La Chiesa deve sapere che non sta raccogliendo la sfida dei tempi”.

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