Israele si è attirato in casa una succursale del nuovo terrorismo suicida

sabato, 10 ottobre 2015

L’islamizzazione della rivolta palestinese è ormai un fatto compiuto. Si immolano dopo la funzione religiosa nella moschea, in nome della fede in Allah, i ragazzi di Gaza che vanno all’assalto dei soldati israeliani sapendo benissimo che gli spareranno addosso. E i “lupi solitari”, quasi sempre giovanissimi, che ormai non agiscono solo a Gerusalemme ma perfino nella laica Jaffa e in tutta la Galilea, testimoniano su Facebook il loro commiato dalla vita, la scelta del cosiddetto “martirio”, prima di impugnare il pugnale a casaccio contro il primo ebreo (possibilmente ortodosso) che incontreranno.
Il Daesh (sedicente Stato Islamico) si è ritrovato così ad aprire una succursale di fatto in Israele. Lo scontro militare diretto con le forze di difesa israeliane non gli conviene, e difatti lo evita accuratamente sul confine siriano così come nel Sinai. Ma non gli dispiace certo questo reclutamento spontaneo alla causa del jihadismo, favorito dall’intransigenza con cui la destra israeliana al governo ha voluto lasciare senza prospettiva di soluzione diplomatica alcuna la leadership moderata dei palestinesi.
A Tel Aviv e a Gerusalemme ci si era illusi che la guerra civile in corso fra Siria e Iraq fosse un evento provvidenziale che disinnescava la minaccia rivolta contro Israele. Un errore che rischia di rivelarsi fatale.

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