Far politica alla Renzi è dispendioso ma la campagna-scontrini è innocua

martedì, 13 ottobre 2015

Perseguendo una visione tutta personalistica della politica, è inevitabile che Matteo Renzi spenda parecchio in mezzi di trasporto e incontri al ristorante. Succedeva quando era presidente della provincia o sindaco di Firenze. Succede ora che ha fatto ordinare addirittura l’acquisto di un nuovo jet per i viaggi da premier.
Non c’è contraddizione fra la predica pubblica della sobrietà in politica e l’intensificarsi delle spese per sè a carico del contribuente: Renzi accarezza il pelo ai sentimenti dell’antipolitica rivendicando il taglio del finanziamento pubblico dei partiti (salvo introdurre rimedi furbetti in questi giorni con la legge Boccadutri), ma non può fare a meno di potenziare il finanziamento della sua leadership. Finora ha confidato che la sua credibilità metta automaticamente in secondo piano le sue spese. Non sarà sempre così. La campagna lanciata da “Il Fatto” sui conti da centinaia se non migliaia di euro al ristorante, inviati direttamente in Comune per il saldo, nuocerà a Renzi, anche se non lo insidia nel suo potere consolidato. Certo, il confronto con la sorte toccata a Ignazio Marino per ben di meno, è imbarazzante. Ma non fa che confermare la disparità di sapienza e forza messe in campo da due outsider partiti all’assalto del potere più o meno negli stessi anni. Uno ce l’ha fatta, e spende e spande. L’altro ruzzola.
Fossi in Renzi, comunque, ci starei attento. L’ha passata liscia col passaggio aereo natalizio per la famiglia in Val d’Aosta, supererà anche la “delazione” involontaria dell’oste fiorentino, ma alla lunga l’opinione pubblica gli presenterà il conto dell’incoerenza, tipica di chiunque ricorra sistematicamente ai falsi argomenti della demagogia.
P.S. A proposito, qui urge un’autodenuncia. Doveva essere l’inizio del 2012, più o meno, quando il sindaco Renzi mi offrì un’ottima cena al Cibreo al termine di una manifestazione di Emergency cui avevamo partecipato insieme. Al tavolo eravamo in quattro o cinque. Non ho pagato io, quella volta…

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