Jobs Act: il vero “boom” sembra quello dei voucher

martedì, 13 ottobre 2015

Il voucher è uno strumento sempre più diffuso sul nostro mercato del lavoro. La riforma del Jobs Act, che ha innalzato a 7 mila euro netti (lordo è poco più di 9 mila euro) il limite massimo consentito che un lavoratore può guadagnare coi voucher, ha aumentato in modo rilevante il suo utilizzo. Il buono lavoro è un certificato fornito dall’INPS, per via cartacea o telematica, che permette di pagare il lavoro accessorio, non subordinato. I voucher dovrebbero regolarizzare i lavori occasionali in settori quali il turismo o l’agricoltura,  facendo emergere il “nero”, ma sono maggiormente utilizzati nel commercio e nei servizi, un dato che segnala una torsione di questo strumento. Il presidente dell’INPS Tito Boeri ha più volte rimarcato come i voucher stiano diventano una nuova frontiera del precariato. Come scrive la ricercatrice Marta Fana sul “Manifesto” di martedì 13 ottobre 2015 “tra gen­naio ed ago­sto 2015, ne sono stati ven­duti oltre set­tan­tuno milioni. Nel solo mese di ago­sto ven­duti 9 milioni 182.760 mila un dato incontro­ver­ti­bile che spiega a chiare cifre che il pre­ca­riato in Ita­lia avanza”. Come spiegato pochi giorni su “La Repubblica”, secondo quanto ha comunicato l’Inps, sono 212,1 milioni i buoni lavoro per la retribuzione delle prestazioni di lavoro accessorio venduti da quando sono stati introdotti, nell’agosto del 2008, al 30 giugno 2015. “La vendita dei voucher è progressivamente aumentata nel tempo, registrando un tasso medio di crescita del 70% dal 2012 al 2014 e del 75% nel primo semestre del 2015 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. In costante aumento è anche il numero dei lavoratori retribuiti con i buoni lavoro, che nel 2014 ha superato il milione (1.016.703)”. Il forte utilizzo dei voucher spiegherebbe parte della crescita occupazionale nel nostro Paese registrata in questi mesi. I dati dell’INPS forniti ieri indicano che sono stati attivati poco più di 600 mila nuovi contratti di lavoro nel 2015.

 

Come rimarca ancora Marta Fana, ” i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato al netto delle ces­sa­zioni sono 91.633. Guar­dando alla com­po­si­zione totale dei con­tratti, si nota che i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato sono solo il 15%, quelli a ter­mine rap­pre­sen­tano il 77%, men­tre la restante parte, il 7% si rife­ri­sce all’apprendistato”. Anche questo grafico, realizzato da Francesco Seghezzi, evidenzia come al momento la forma prevalente di nuovo contratto attivato in Italia sia di gran lunga quello a tempo determinato. L’effetto degli sgravi contributivi e del Jobs Act si vedono, ma sono piuttosto contenuti vista la contenuta crescita percentuale.

 

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.