Sequestro Shalabayeva, una vergogna italiana firmata Alfano e Scaroni che si ritorce contro l’interesse nazionale

sabato, 28 novembre 2015

L’indagine della Procura di Perugia che sta rivelando il gran numero di soprusi, falsificazioni e connivenze attraverso cui nella primavera del 2013 l’Italia si assoggettò al volere del presidente-dittatore del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, difficilmente risalirà ai vertici che di quella decisione portano la responsabilità.
Mi impressiona, sui giornali di oggi, la testimonianza del pilota dell’aereo privato su cui furono caricate a forza Alma Shalabayeva e sua figlia, mentre ancora gridavano la violazione del diritto di cui erano palesemente vittime. Il pilota lavorava abitualmente per l’Eni sulla rotta fra Italia e Kazakistan. L’ente petrolifero, all’epoca guidato da Paolo Scaroni, appare in tutta evidenza come il referente primo di Nazarbaev. Noi tutti sappiamo il peso che l’Eni oggettivamente esercita nella politica estera italiana (c’è chi lo definisce “la vera Farnesina”). Non ci scandalizza. Ma non potevamo immaginare che tale influenza si allargasse a imporre operazioni illegali sul territorio nazionale passando dal Viminale, dai servizi segreti, dalla polizia di Stato e da una magistrata compiacente.
La chiameranno ragion di Stato? Alfano come di prammatica ha subito scaricato sui sottoposti la responsabilità dell’accaduto. Il ruolo, anche operativo, dell’Eni per quanto fosse intuibile emerge in pubblico solo a due anni di distanza dal fattaccio. Se questa è la nostra politica estera “parallela”, non dichiarabile alla luce del sole, ho l’impressione che si ritorca contro l’interesse nazionale.

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