In Italia sono stati licenziati, costretti ad abbandonate il lavoro per la malattia o dimissionati oltre 274 mila pazienti oncologici. Negli ultimi 5 anni questa condizione è stata subita da quasi 85 mila persone. Esistono norme di tutela per il periodo di comporto, ma non disciplinano il caso specifico di chi contrae un tumore. Questa protezione è demandata in genere ai contratti nazionali nel settore privato, e al termine del periodo di conservazione del posto di lavoro il datore può recedere dal rapporto e il licenziamento è considerato giustificato per motivo oggettivo, mentre è prevista una specifica garanzia nel pubblico. Come spiega Quotidiano Sanità, la differenza tra settore privato e statale è particolarmente marcata. ” Nel pubblico il periodo di comporto prevede la conservazione del posto di lavoro per di diciotto mesi in un triennio di cui: i primi nove di assenza sono interamente retribuiti; nei successivi tre la retribuzione viene decurtata del 10 per cento; negli ultimi sei la retribuzione viene decurtata del 50 per cento. Per ulteriori diciotto mesi, poi, è stabilita la semplice conservazione del posto di lavoro senza retribuzione. Nel privato, invece, il periodo di comporto è regolato dalla contrattazione collettiva ed è disomogeneo tra i vari comparti. In nessun caso è paragonabile al periodo previsto per il settore pubblico”. Alla Camera dei Deputati è stata depositata una legge, a firma dell’onorevole Vincenzo D’Arienzo, che vuole equiparare le norme del settore privato a quelle del settore pubblico. Il testo mira inoltre consentire per patologie gravi che richiedono terapie salvavita, un ulteriore periodo di comporto di tre mesi retribuito con decurtazione del 75 per cento. Altro intento dell’iniziativa è garantire anche gli autonomi, per i quali è fissata soltanto una indennità di malattia pari a 60 giorni l’anno, lo stesso trattamento. Si chiede, infine, di escludere dal computo del periodo di comporto i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital per terapie salvavita ed i giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali di dette terapie, debitamente certificati. Il deputato D’Arienzo, del PD, ha condiviso la proposta di legge con la Federazione Associazioni di Volontariato in Oncologia – Favo. ” I numero chi riguardano i malati oncologici e la cessazione del lavoro sono inquietanti Basto pensare che il 40% perde il lavoro e ciò è inaccettabile, la malattia non può essere considerata una colpa. Bisogna quindi definire una normativa di carattere generale che valga per tutti, la regolamentazione del fenomeno non può essere affidata ad accordi tra privati o tra le parti. E’ assurdo che a parità di patologia la tutela dipenda dalla tipologia di impiego, si tratta di una disparità da eliminare al più presto: lo Stato deve fungere da garante e creare un meccanismo omogeneo”, ha spiegato D’Arienzo.