La sfida delle primarie dopo Pisapia: in gioco il futuro di Milano, il buongoverno e l’unità delle sinistre

mercoledì, 23 dicembre 2015

Questo mio intervento è uscito su “La Repubblica”.

Caro Direttore,
avendo fatto parte del comitato estensore della Carta dei Valori con cui abbiamo promosso le primarie milanesi del 7 febbraio 2016 per scegliere il candidato sindaco del centrosinistra, oggi non posso che rallegrarmi: si stanno realizzando le condizioni per una competizione democratica, aperta e stimolante, sul futuro della nostra città, il che non era inizialmente scontato.
I milanesi avranno di fronte a sé diverse opzioni per dare seguito alla buona politica degli anni trascorsi. Rifiutando di considerarsi indispensabile, Giuliano Pisapia non lascia il vuoto dopo di sé. E i pesanti condizionamenti della politica nazionale –la contrapposizione a sinistra fra renziani e antirenziani- non hanno impedito la prosecuzione del laboratorio milanese fondato sulla partecipazione sovrana della cittadinanza.
Finalmente, proprio su “Repubblica” anche Beppe Sala ha dichiarato che nel 2011 preferì Pisapia alla Moratti (nel suo caso non era scontato); ma già in precedenza ha prevalso lo sforzo comune di evitare una sua immotivata demonizzazione a sinistra. Ci si confronterà dunque sui programmi, per dare seguito al momento felice vissuto da Milano dentro al perimetro delle forze civiche e di centrosinistra , respingendo le profferte trasversali a destra dei vari Lupi e Formigoni.
Come sempre avviene in questi momenti di passaggio, assistiamo anche a taluni riposizionamenti sorprendenti del ceto politico milanese: vediamo schierarsi con Sala personalità che fino a ieri lo avversavano strenuamente; c’è perfino chi anticipa al candidato di sinistra, Pierfrancesco Majorino, l’offerta pubblica di uno spazio di “complementarietà” subalterna nella fase successiva alle primarie.
La candidatura della vicesindaca Francesca Balzani, che personalmente sosterrò, è sopraggiunta un po’ all’ultimo momento con la sua carica di sensibilità politica femminile e creativa. Essa ha seminato un certo scompiglio anche perché si è richiamata esplicitamente alla prospettiva nazionale di unità delle sinistre per il governo delle città, avanzata su “Repubblica” da Pisapia insieme ai sindaci di Genova e Cagliari, allo scopo di scongiurare il pericolo di una rivincita della destra.
Il nervosismo e il disorientamento di questi giorni rischia però di tradursi in un esito paradossale: sebbene la giunta Pisapia abbia rappresentato il modello più riuscito di buongoverno unitario della sinistra nell’Italia di questi anni, essa rischia di presentarsi oggi lacerata da personalismi e come orfana di un campo politico nazionale disposto ad assumerla come modello. Lo stesso appello dei tre sindaci, nel quale pure si è rispecchiata una volontà diffusa nell’elettorato di sinistra, è sembrato cadere nel vuoto. In troppi sembrano avere convenienza a boicottarne lo spirito unitario.
Non è difficile rintracciare le cause di tale resistenza passiva nelle divisioni che percorrono il campo della sinistra a livello nazionale e europeo. Si pretende che anche Milano sia condannata a subirne le conseguenze, e perciò a qualcuno fa comodo addebitare la fragilità di un progetto unitario civico e di sinistra a mosse intempestive o sbagliate dello stesso Pisapia. Può darsi. Ma non vorrei che questa critica si trasformasse in un alibi per rinunciare a un esperimento che, di nuovo partendo dalla carica innovativa di Milano, come nel 2011 sarebbe in grado di ripercuotersi felicemente sull’Italia intera.
Così, la pur autorevole candidatura Sala rischia di venir interpretata come un “liberi tutti” da lealtà precedenti, rassegnandosi all’idea che il laboratorio ambrosiano che ha tenuto assieme innovazione, diritti civili e giustizia sociale sia liquidato come una velleità da lasciarsi dietro le spalle.
Abbiamo ancora il tempo e lo spazio politico di provarci, respingendo la tentazione delle scissioni preventive e degli accordi sottobanco che finirebbero per restituire uno spazio insperato alla destra a trazione leghista. Le primarie milanesi hanno sempre dato luogo a confronti leali, svincolati dalla disciplina di partito. Più di una volta hanno sovvertito i pronostici, richiamando una vasta partecipazione di cittadini all’esercizio della loro sovranità, com’è giusto in una democrazia degna di questo nome. Il dopo Pisapia è una sfida affascinante per una metropoli rincuorata dall’aver già saputo mettere a frutto gli esiti della buona politica.

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