Ieri sera per il quarantesimo anno di fila don Luigi Ciotti è venuto a celebrare la messa di Natale nella Casa Abele che sorge dal 1975 in cima a un bricco isolato del comune di Murisengo. All’inizio c’era molta diffidenza in questo lembo di Monferrato -tra le vigne e i boschi della Valcerrina- per la comunità dei ragazzi in via di disintossicazione. Poi si sono approfondite le conoscenze, è aumentato il numero dei volontari locali, si sa come vanno queste cose.
Ieri sera a aspettare don Ciotti, insieme agli ospiti della Casa Abele destinata a residenza per famiglie complicate in cui l’alcol o altre sostanze hanno prodotto dipendenza, e inseme alle donne nigeriane richiedenti asilo sbarcate nei mesi scorsi dalla traversata dell’Africa e del mare, insieme a loro direi che c’era davvero una grande quantità di paesani di Murisengo e degli altri comuni circostanti. Non è difficile spiegarsi perchè sentono la messa di don Ciotti, magari con le letture di Davide Turoldo e le testimonianze sui lager e sul viaggio dei profughi, come un modo degno di celebrare il Natale. Dopo aver risalito a piedi, nella nebbia illuminata dalla luna piena, la strada che attraversa il bosco.
Ho voluto abbracciare don Ciotti che sta subendo attacchi personali profondamente ingiusti. Mia moglie intanto lo aiutava a indossare l’abito e i paramenti (“no, girameli dall’altra parte, stanotte si mettono bianchi”). Trafelato come sempre, veniva dalla comunità di Rivalta e doveva andare poi a San Mauro da quell’altra riservata a mamme con bambini. Senza pausa. Resta vero da quarant’anni che, dove arriva, Luigi illumina. Auguri sinceri da un non cristiano.