Le primarie di Milano e la prova di Re Salomone: chi ha tagliato in due l’unità della sinistra?

lunedì, 8 febbraio 2016

Un ciclo politico si è evidentemente chiuso ieri con le primarie milanesi, anche se i risultati effettivi si sono discostati sensibilmente dai sondaggi che sovrarappresentavano Beppe Sala e minimizzavano il consenso della “sconosciuta” Francesca Balzani. Ora se ne può parlare senza il condizionamento psicologico dei risultati ancora incogniti.

 

Dunque, in buona sostanza, i numeri hanno dato ragione a chi sosteneva che una sinistra unita intorno a Francesca Balzani avrebbe superato Beppe Sala. Le sarebbe bastata e avanzata anche solo la metà dei 13916 voti raccolti da Pierfrancesco Majorino per arrivare prima. Viceversa, neanche se la metà dei 20516 elettori della Balzani avessero accettato di votare Majorino quest’ultimo avrebbe mai raggiunto la quota di consenso ottenuto da Sala, cioè 25600 voti.
Queste cifre evidenziano ciò che l’eccitazione della campagna elettorale (e l’appoggio robusto fornito a Sala dalle principali testate giornalistiche) aveva spacciato come controverso: le due candidature di sinistra, Balzani e Majorino, NON erano equivalenti e NON correvano affiancate sul filo di lana. L’una era più competitiva dell’altro, allargava il campo, aveva più chances di arrivare prima. Tale evidenza è stata negata da molti che, per molte ragioni diverse, avevano interesse a negarla. Col risultato che Beppe Sala ha vinto, nonostante che la maggioranza degli elettori delle primarie milanesi aspirassero a una soluzione diversa. E oggi percepiscano che il laboratorio milanese degli ultimi cinque anni, fondato sulla partecipazione civica con una netta impronta di sinistra unitaria e un’attenzione speciale ai diritti civili, è destinato a cedere il passo a qualcosa di diverso, più omogeneo al governo nazionale.
Ora che si è votato, posso scrivere un pensiero che mi frulla in capo da un paio di settimane ma che non ho mai avuto il coraggio di proporre a Francesca Balzani, impegnata com’era in una bellissima campagna elettorale cui ho dato un appoggio convinto. La controversia dei due candidati di sinistra “anti-Sala” alle primarie milanesi, di cui uno era evidentemente di troppo, mi ha richiamato alla mente il racconto biblico delle due madri che si contendono un figlio davanti a re Salomone. Il quale afferra la spada e propone di tagliare a metà il bambino, sicché la vera madre pur di salvargli la vita decide di rinunciare alla contesa.
Potrei fermarmi qui, e lasciare ai circa 35000 elettori delle primarie fautori di un/a sindaco/a di sinistra riflettere su chi fosse la vera madre e come avrebbe dovuto comportarsi. Ve lo confesso. Per quanto avessi la certezza che Francesca Balzani riscuotesse consensi nettamente superiori a Majorino (in barba ai sondaggisti) e che in ogni caso quest’ultimo non avrebbe comunque potuto competere con Sala neanche in un duello solitario, ho avuto lo stesso la tentazione di consigliare a Francesca: fai il gesto della vera madre, ritirati tu dalla corsa. Sarebbe stata un’ingenuità, un “bel gesto” poco politico, lo so. E difatti me lo sono tenuto per me che continuo a reputare l’unità delle sinistre un bene supremo di fronte alle terribili sfide di civiltà che abbiamo di fronte. Nei gruppi dirigenti della sinistra milanese, invece, si sono imposte altre priorità. Poco m’interessa esaminare quanto dipendessero da umani calcoli di natura personale, e quanto invece dalla convinzione che senza Pisapia sindaco occorresse “realisticamente” voltare pagina e accettare una svolta moderatamente riformista d’impronta tecnocratica. La riconoscenza in politica non esiste: abbiamo assistito a repentini cambi di casacca, figure che prima si dichiaravano inconciliabili fra loro hanno dato vita a riposizionamenti inaspettati. La stessa sinistra interna del Partito Democratico si è illusa di poter trarre una rendita di posizione futura assecondando la corsa solitaria di Majorino, fasciandosi la testa prima di essersela rotta. La Balzani, outsider esterna agli apparati, è stata oggetto di diffidenze tipiche di una logica d’apparato, non prive di sfumature misogine. Il risultato è che SinistraDem la testa se l’è rotta davvero, e non sarà qualche posto da assessore o da deputato a lenire il trauma.
Mi auguro se non altro che l’ottimo risultato conseguito da Francesca Balzani, partita con colpevole ritardo nella sua candidatura (si fosse decisa un mese prima quasi sicuramente avrebbe vinto, e forse Sala neanche si sarebbe cimentato nella prova da cui esce candidato sindaco del centrosinistra) tenga viva la prospettiva che l’ha ispirata: l’unità della sinistra è un bisogno irrinunciabile in un paese come l’Italia e in una città che ne ha tratto buoni frutti come Milano. Il bambino tagliato a metà per fortuna è solo una metafora su cui però dovremo riflettere.

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