Roberto Maroni è l’Andreotti della Lega, un astuto dinosauro del potere: ora prenda atto che è finito

venerdì, 19 febbraio 2016

 

Con impareggiabile faccia di tolla Roberto Maroni ha elogiato i magistrati che hanno arrestato il suo braccio destro Fabio Rizzi, contro il quale -parole sue- “sono emerse prove schiaccianti”. Cosa volete che sia per il governatore lumbard calpestare il cadavere (politico, si fa per dire) di un altro dei suoi uomini? La carriera politica di Roberto Maroni, che lo portò nel lontano 1994 al Ministero degli Interni e da allora gli ha fatto attraversare tutte le stanze del potere romano e milanese, è disseminata di cattive compagnie e scheletri nell’armadio. Maroni è a pieno titolo l’incarnazione leghista di Giulio Andreotti, di cui ha ereditato perfino la maschera facciale e il sorriso sornione. Lui è informatissimo, non gli mancano le dritte dei servizi segreti e le relazioni trasversali nell’establishment, però non si accorge mai dei mascalzoni che si porta a fianco. Salvo poi cascare dalle nuvole, dichiararsi “molto incazzato” e impugnare la ramazza per fare fuori i suoi avversari interni e guadagnare altro potere. Un giochino che va avanti da ben oltre un ventennio. Non lascia mai un posto senza essersene procurato un altro. Galleggia nelle trame di potere lasciando che gli altri si usurino. Basta guardare come si comporta con Salvini: lo manda avanti confidando che si brucerà da solo. Lui, vecchio dinosauro, coltiva i suoi rapporti -da Berlusconi a Maurizio Lupi- e pensa così di sopravvivere.
La mia speranza è che a questo punto anche i suoi compari leghisti si siano accorti del metodo andreottiano grazie cui è sopravvissuto perfino a Umberto Bossi.
Andreotti diceva che il potere logora chi non ce l’ha. Ma stavolta è interesse di tutti prendere atto che l’eterna stagione dell’astuto Maroni volge ingloriosamente al termine. Perchè non si decide di andare a casa con le sue gambe?

P.S. In questa antica fotografia Roberto Maroni è ritratto al fianco di Gianfranco Miglio, una vita fa. Alle sue spalle s’intravede il compianto Guido Passalacqua, bravissimo giornalista di “Repubblica”.

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