La risposta di Concia e Scalfarotto: “Tristi di rinunciare alla stepchild adoption ma la colpa è dei grillini”

martedì, 23 febbraio 2016

Ecco la risposta di Ivan Scalfarotto e Anna Paola Concia su Huffingtonpost.it al post di Gad Lerner pubblicato lunedì 22 febbraio 2016.

Ringraziamo Gad Lerner per le attestazioni di stima che ci riserva, pur esprimendo un legittimo dissenso dalle nostre posizioni. Una stima che ricambiamo con convinzione, perché lo riteniamo nostro “compagno di disagio”, e pensiamo che anche da parte sua l’intenzione di affrontare la prova del “Vietnam parlamentare” che attende il ddl Cirinnà senza lo stralcio della stepchild adoption non sia frutto dell’istintivo sconfittismo a cui una certa parte del nostro mondo è avvezzo.

Noi non siamo sindacalisti, ci dice, tenuti a conseguire un risultato purchessia. È vero; ma non siamo neanche obbligati al culto della bella morte, all’inseguire fideisticamente l’importantissima etica dei principi a scapito della non meno fondamentale etica del risultato. Pensiamo che la politica non consista solo negli enunciati, ma anche nelle concrete condotte assunte a difesa e tutela dei cittadini e dei loro diritti.
Abbiamo entrambi il massimo rispetto per le autonome determinazioni che il gruppo del Pd al Senato, con il conforto del nostro segretario, assumerà domani. Non abbiamo alcuna rassegnazione in corso: ci limitiamo ad esprimere le priorità che secondo il nostro punto di vista stanno davanti a noi, come obbligo etico e politico.

Noi riteniamo che vengano innanzitutto le persone: le persone dello stesso sesso che si amano e che vogliono mettere su famiglia, le persone dello stesso sesso o di sessi diversi che vogliono stabilire fra loro legami di solidarietà diversi dal matrimonio, le persone che vivono insieme sulla base di una scelta solidale di condivisione. A queste persone non vogliamo dire l’ennesimo “domani, forse”, così spesso pronunciato negli ultimi trent’anni. Vogliamo dire “finalmente si può”; vogliamo, per fare una citazione autorevole, costruire ponti ed abbattere muri. Nello stesso spirito abbiamo sostenuto con tutte le nostre forze un provvedimento che non è quello che ci piacerebbe scrivere, ma si fa carico con equilibrio e moderazione delle circostanze di fatto.

Per affermare questi diritti nella loro interezza abbiamo combattuto strenuamente, e nell’ultima fase abbiamo messo a rischio il patto di governo, costruito maggioranze alternative, contrastato senza quartiere ostruzionismi ed ingerenze. Tutto questo sforzo si è liquefatto nei pochi terribili minuti dell’ukase di Di Maio, dell’insopportabile intervento di Airola, dell’aperto sprezzo di Di Battista.

È questo terribile e incommentabile dietrofront che oggi costringe a guardare altrove. Lo stesso principio di realtà che ci ha indotto scegliere la via delle unioni anziché quella del matrimonio egualitario e la via dell’adozione del configlio rispetto all’adozione piena e legittimante ci impone ora di prendere atto che servono numeri certi, non soggetti ai capricci di un guru.

Dovesse davvero finire così, sarà per noi dolorosissimo rinunciare alla stepchild, che per fortuna potrà comunque continuare a contare su una giurisprudenza che già oggi, a leggi vigenti, tutela il superiore interesse del minore. Ma sarà una rinuncia che si dovrà per intero all’atteggiamento meschino e speculativo di chi ha come stella polare le proprie alchimie politiche anziché i diritti dei cittadini. Non sappiamo quali ulteriori incognite riserverebbe questo borsino del cinismo: ma è di solare evidenza l’altissimo rischio di uno scarabocchio di legge, massacrata dagli scrutini segreti, sfregiata in diversi suoi aspetti, con la setpchild bocciata o – ancor peggio – trasformata in un indigeribile pastrocchio. Ma noi non siamo iscritti e mai ci iscriveremo, a quel borsino, che lasciamo volentieri ad altri.

Siamo iscritti al borsino dei diritti, della lotta alla discriminazione, del progresso. Una legge sulle unioni civili, questa legge, non sarà in alcun caso un arretramento o un compromesso al ribasso. Sarà invece il primo fondamentale ingresso di una nuova consapevolezza nel nostro ordinamento. Perché ha ragione Benedetto Zacchiroli: la legge che difendiamo non è una norma precorritrice del futuro; è una norma che rispecchia il presente.

Per questo ribadiamo che siamo pronti a fare tutto il necessario perché il nostro Paese diventi più libero, più inclusivo, più giusto. Altri deciderà qual è il modo migliore per garantire questo risultato. Noi siamo più interessati a far sentire meno sole le famiglie gay, le famiglie lesbiche, le famiglie arcobaleno che a guadagnare applausi e medaglie al valore. Liberi tutti di preferire altro.

Anna Paola Concia e Ivan Scalfarotto

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