Creare una vita non è come distruggerla: necessita tempo, cura, amore. Anche solo a dibatterne in pubblico sentiamo di commettere un’indiscrezione. Ma forse è necessaria dopo le aggressioni volgari subite da Nichi Vendola e il suo compagno canadese Ed Testa divenuti genitori avendo fatto ricorso, nel pieno rispetto della legislazione vigente, alla maternità surrogata.
Accusato di aver “affittato” un utero, ieri Vendola ha risposto che nessuno può liquidare con definizioni commerciali la relazione instauratasi nel corso del tempo con la donna che ha portato in grembo Tobia. Una relazione che naturalmente perdurerà, non interrompendosi certo al momento del parto. Una nuova, delicata, complessa relazione sentimentale, probabilmente più libera e disinteressata di certe gravidanze tradizionali.
Ne scrivo con esitazione, auguro a tutti e quattro (Tobia, Ed, Nichi e la sconosciuta madre) di riuscire a godersi la felicità di questa nuova vita proteggendosi al riparo dei flash. Tobia è il frutto di un futuro divenuto possibile. Regolamentarne i diritti, senza lasciarci imprigionare dai pregiudizi, è l’unica cosa utile che possiamo fare.