Michela Marzano: bisogna superare il tabù della gestazione dei bambini per le altre persone come fatto con l’aborto

mercoledì, 2 marzo 2016

Sul “Fatto Quotidiano” di mercoledì 2 marzo 2016 Michela Marzano affronta il tema della maternità surrogata, definita da chi la contesta “utero in affitto”. La deputata del Partito Democratico, docente universitaria di filosofia a Parigi, spiega come si debba superare questa terminologia, sostituendola con “gestazioni per altri”. Secondo la Marzano “il punto fondamentale è che non c’è coincidenza tra il mettere al mondo un bambino e la maternità. “Far nascere una creatura non significa essere madre. In questo caso si tratta di una donna che ha portato avanti una gravidanza per conto di altri. Altrimenti come dovremmo chiamare le donne che abbandonano i neonati?”. La filosofa rimarca come la maternità sia un ruolo, la responsabilità assunta nell’essere madre, ” colei che raccoglie la vita ed evita che scivoli nel vuoto del non senso”, sottolineando come la lingua francese prevede una differenziazione tra i termini di geniteur e parent. “I bimi hanno diritto ad avere padre e madre indipendentemente da chi esercita tali ruoli”, spiega Michela Marzano, che sottolinea come “lo sfruttamento della donna” criticato da chi osteggia la gestazione per altri sia un falso problema causato dalla mancata regolazione.  L’aspetto economico ne è un’altra conseguenza, visto che solo chi può andare all’estero può ricorrervi. A questo proposito la deputata PD traccia un paragone con la situazione dell’aborto illegale: anche quando l’interruzione di gravidanza era vietata in Italia solo chi era più benestante poteva ricorrervi. “Una volta diventata legale, la condizione si è parificata. Se in Italia l’utero in affitto fosse legale, la questione non si porrebbe”.  Per Michela Marzano però normare le gestazioni per altri è molto difficile, alla luce delle difficoltà ad approvare le unioni civili. La deputata del PD conferma le sue critiche sul testo approvato al Senato, che secondo lei rappresenta un piccolo passo in avanti giuridico, e un enorme passo indietro culturale. Per questo motivo, al momento del voto alla Camera dei Deputati, la filosofa abbandonerà il PD per non dover votare una legge che non condivide.

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