Renzi si dibatte a fronte dell’inevitabile ma impopolare guerra di Libia

sabato, 5 marzo 2016

Il possibile intervento in Libia inquieta Matteo Renzi. Da Palazzo Chigi sono partite le “classiche” veline  attribuibili al pensiero del presidente del Consiglio, in cui si rimarca lo scetticismo governativo verso l’invio di militari italiani nel Paese africano. L’uccisione dei due ostaggi ha colpito l’opinione pubblica, e come quasi sempre capita, si percepisce immediatamente la maggioritaria opposizione degli italiani a un conflitto armato. Sui maggiori quotidiani nazionali si può leggere come Matteo Renzi, e tutto il PD, sia contrario a un intervento militare che preceda la formazione di un governo nazionale. La creazione di un esecutivo riconosciuto dalle tribù libiche così come dalle principali milizie che si scontrano nella guerra civile potrebbe garantire un supporto militare non percepito come nuova occupazione dalle fazioni in campo. Particolare preoccupazione è espressa nei confronti di un’eventuale saldatura tra ISIS e fazioni impegnate nel conflitto libico. I fallimenti del passato, dall’Iraq all’Afghanista, consigliano cautela al presidente del Consiglio e al Governo italiano, anche se il rafforzamento di ISIS in Libia spinge i fautori dell’intervento. Gli Stati Uniti e la Francia, impegnati militarmente in Siria e Iraq contro il jihadismo islamico di al-Baghdadi, sono tra i principali sostenitori della missione di terra, al fine di evitare una ulteriore destabilizzazione dell’area mediterranea.  Il 7 marzo dovrebbe essere votato il nuovo Governo libico di unità nazionale, ma più volte nelle ultime settimane la data indicata non era stata rispettata per le troppe divisioni delle varie fazioni. L’Italia preferisce aspettare, ma la procrastinazione della scelta di intervenire non sembra poter andare avanti ancora a lungo.

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