L’esito delle elezioni politiche in Slovacchia risuona come una severa lezione per tutta la politica europea. Il partito Smer (socialdemocratico) del premier Robert Fico -aderente al Partito socialista europeo- subisce un vero e proprio crollo di consensi, dal 44% al 28,3%. E ciò nonostante abbia scatenato con foga degna di miglior causa una campagna contro l’Unione Europea e la Merkel, rifiutando la ripartizione in quote dei profughi e proponendo la costruzione di muri contro il pericolo di “islamizzazione” (si noti che i musulmani in Slovacchia sono poche migliaia su una popolazione di 5,6 milioni di abitanti).
Favoriti anche da alcuni episodi di corruzione che hanno indebolito l’immagine di Fico, i partiti nazionalisti di destra hanno tutti conseguito un incremento di voti. Quel che è peggio, torna in parlamento con l’8% e con 14 deputati il famigerato movimento Nostra Slovacchia guidato da Marian Kotleba (nella foto), di matrice neonazista. Una formazione che teorizza la discriminazione dei 400 mila rom slovacchi, oltre che un nazionalismo esasperato anti-Ue e anti-profughi. Non a caso Nostra Slovacchia rivendica l’eredità del fondatore della Slovacchia indipendente, monsignor Josef Tiso, un sacerdote che dal 1939 collaborò con Hitler alla deportazione degli ebrei, condannato a morte dopo la fine della seconda guerra mondiale.
L’illusione di trasformare un partito socialista di nuovo in forma nazionalsocialista, ancora una volta si rivela disastrosa. I politici che per cavalcano il populismo come strumento di consenso elettorale, finiscono per essere travolti dalle energie reazionarie che hanno scatenato. Oggi è successo in Slovacchia, ma può ripetersi presto anche altrove.