Renzi-Berlusconi-Grillo-Salvini uniti in politica estera: l’Italia se ne resti fuori

giovedì, 24 marzo 2016

Nel cicaleccio televisivo, per scaramanzia, non si discute del perchè l’Italia negli ultimi quindici anni non sia stata mai bersaglio di un attentato del terrorismo jihadista. Solo per merito dei nostri apparati di sicurezza, che tengono a bada il pericolo costituito dai cosiddetti “lupi solitari” o anche per scelta di strategia dei burattinai che muovono le fila di questa guerra mondiale?
In America e in Europa, finora il terrorismo islamico ha colpito paesi che partecipavano direttamente ad attività militari offensive contro le sue roccaforti. L’Italia, quand’anche presente nei teatri di guerra, vi mantiene un ruolo per lo più d’interposizione o di addestramento o di retrovia logistica o di intelligence. Così avviene nel Kurdistan iracheno, così in Libano e in Libia. Neanche dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso il governo italiano ha fatto quel passo in più, richiesto da Parigi, di una partecipazione offensiva diretta ai bombardamenti del territorio Is.
Questa scelta del governo Renzi, al di là delle diatribe di facciata, è condivisa da tutte le principali forze politiche italiane. Nessun Salvini o Berlusconi, tanto meno un Grillo, chiedono al primo ministro di intraprendere azioni di guerra contro i jihadisti in casa loro, nè in Siria nè in Libia. La speranza inconfessabile, ma condivisa, è che questa posizione attendista e rinunciataria preservi il nostro paese (così come la Germania) da ritorsioni sanguinose come quelle subite dalla Francia, dalla Russia, dagli sciiti libanesi, dalla Turchia ecc.
Il caso del Belgio è un po’ diverso: lì l’attacco è avvenuto per reazione allo smantellamento di una cellula terroristica che aveva agito in Francia, più che per controbattere alla politica estera interventista di Bruxelles. Ma il dilemma che abbiamo di fronte, discusso solo sottovoce nelle stanze del potere, e mai in sede pubblica, resta il medesimo. Questa idea che l’Italia possa restarsene fuori dal conflitto, dilazionando le sue scelte militari e ribadendo una vocazione neutralista, alla lunga potrà funzionare? Le due guerre mondiali del secolo scorso inducono a pensare che questa sia solo una pia illusione opportunistica, nella quale si ritrovano uniti i principali leader politici del paese.

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