Milano resta senza moschea: una catena di errori , la negazione di un diritto fondamentale

venerdì, 1 aprile 2016

Una catena di errori che hanno accresciuto le divisioni e le diffidenze reciproche, sia fra i responsabili politici del governo cittadino che all’interno delle numerose comunità islamiche milanesi, fa sì che nonostante gli impegni presi cinque anni fa Milano resti l’unica grande metropoli europea priva di un luogo di culto adeguato per i suoi cittadini di fede musulmana. Il paradosso è che, proprio quando la Corte Costituzionale definisce illegittima in due suoi articoli la legge regionale anti-moschee voluta da Maroni per boicottarne la costruzione, anche la giunta Pisapia sceglie di rinunciare al bando comunale che già aveva assegnato tre aree per edificare nuovi luoghi di culto in città. La beffa è che, pochi giorni prima dell’entrata in vigore della legge Maroni, grazie a una variante sulla destinazione d’uso, Scientology ha potuto inaugurare a Milano, in viale Fulvio Testi, la più monumentale delle sue chiese. La setta di Ron Hubbard sì e l’islam no?
Dentro al centrosinistra che governa Milano hanno prevalso di volta in volta linee di condotta diverse, ispirate alla massima cautela, compresa la tentazione di affidare l’appalto della moschea a una potenza statale estera (la Giordania) che fungesse da garante, con ciò negando la realizzabilità di un progetto culturale e religioso autonomo degli oltre centomila musulmani residenti. I quali a loro volta sono divisi fra loro, percorsi da tendenze settarie, tanto che è fallito il tentativo di riunirli tutti all’interno del Caim, cioè il coordinamento delle associazioni islamiche milanesi. Proprio il Caim aveva vinto il bando per l’assegnazione dell’area del Palasharp, dove già oggi migliaia di fedeli pregano ogni venerdì in condizioni poco dignitose. Sono state già spese ingenti risorse, elaborati progetti culturali rimasti chiusi nel cassetto. Non solo escluse cause civili di risarcimento danni. E il malcontento cresce, così come la tentazione di dare vita a clamorose forme di protesta. L’Expo è passato senza la moschea promessa, e ora la campagna elettorale sembra indurre tutte le forze politiche a soprassedere per convenienza. A sua volta è intervenuta, con singolare sconfinamento dalle proprie prerogative, la Comunità ebraica che contesta l’annunciata concessione al Caim, accusato di essere incline al radicalismo. Insomma, un guazzabuglio, cui ora si sommano accuse e controaccuse interne al Pd milanese sull’impegno disatteso.
Ovvio che la situazione internazionale non aiuta. C’è ancora a Milano, una città in cui nel frattempo sono inevitabilmente sorti decine di centri di preghiera islamica più o meno spontanei e abusivi, chi predica l’assurda tesi secondo cui impedire la costruzione di una o più moschee funzionerebbe come assicurazione contro il pericolo di attentati terroristici. Un controsenso, naturalmente, fatto apposta per rastrellare consensi fra gli impauriti. E pazienza se ciò favorisce la radicalizzazione di chi si sente umiliato da questo pretestuoso gioco al rinvio.
Su questioni cruciali come la registrazione delle coppie di fatto e il testamento biologico, Milano ha saputo proporsi negli anni scorsi come la capitale italiana dei diritti civili e della tutela delle minoranze. Ignorare oggi la discriminazione di fatto cui vengono assoggettati i fedeli dell’islam, significherebbe calpestare un diritto costituzionale fondamentale. Pretendere che la moschea negata rimanga fuori dalla campagna elettorale, non solo è un’ingenuità, ma è anche un’offesa all’intelligenza dei cittadini.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.