La direzione del Partito Democratico, rimandata di due settimane, ha offerto più spunti del previsto grazie al caso Tampa Rossa. Le dimissioni del ministro Guidi e il coinvolgimento, per quanto molto marginale al momento, di Maria Elena Boschi hanno provocato diversi imbarazzi a Matteo Renzi. Il segretario del Partito Democratico ha offerto il consueto esercizio di stile nella direzione del PD, arte in cui eccelle, ma è stato sorprendente constatare come non abbia risposto alle critiche se non con giri di parole lontani dalla sua proverbiale assertività.
L’inatteso affondo di Gianni Cuperlo, così duro da far immaginare in alcuni tratti una richiesta di dimissioni dall’incarico di segretario, non ha ottenuto praticamente replica. Matteo Renzi si è giustificato per un’incomprensione delle sue parole, sottolineando come le osservazioni fatte da Cuperlo sullo “spazzare via agli avversari” fossero solo un’incitazione ai giovani a trovare una proprio protagonismo nel dibattito interno. Una precisazione certo lontana dal “Fassina chi?” o dai tanti commenti caustici sui propri oppositori a cui Renzi raramente rinuncia, per la gioia dei suoi sostenitori. L’esito della direzione ha confermato come il PD sia ancora piuttosto compatto, però la maggioranza è apparsa fragile come raramente era sembrato in questi due anni e mezzo. La stessa prima pagina de L’Unità di martedì 5 aprile, dedicata alla conciliazione del PD unito a sinistra contro i suoi avversari, ne sembra ulteriore conferma.