L’intervista di Davigo al Corriere suona come una rassegnata dichiarazione di sconfitta dei giudici

venerdì, 22 aprile 2016

Piercamillo Davigo è un formidabile battutista e barzellettiere, oltre che un magistrato capace, probo e all’antica. Dunque il suo colloquio con Aldo Cazzullo sul “Corriere della Sera” del 22 aprile 2016 si legge tutto d’un fiato con gran gusto, anche se poteva essere scritto paro paro in qualsiasi altro giorno degli oltre due decenni trascorsi. Nel corso dei quali Davigo stesso, pur corteggiatissimo dai mass media per la sua capacità di bucare il video, ha avuto la capacità di concedersi pochissimo; limitando il suo impegno pubblico extragiudiziario e tenendosi alla larga dalla politica. Il contrario di Antonio Di Pietro, per intenderci.
Credo però che sbaglierebbe, oggi, chi intendesse il suo pronunciamento come neopresidente dell’Associazione Nazionale Magistrati alla stregua di una dichiarazione di guerra rinnovata alla classe politica. Suona piuttosto come un’ammissione di sconfitta, il riconoscimento della irriformabilità di un sistema che contempla la corruzione quale inevitabile corollario dell’attività economica. Certo, le parole di Davigo stridono assai con il proclama di Renzi contro il supposto ventennio di “barbarie giustizialista” (chi l’ha vista?). Ma mi pare verosimile che si vada al di là dei proclami di principio: nessun revival di Mani Pulite è alle viste, non solo a causa dell’assuefazione diffusa alla normalità dello scambio affaristico, ma anche per una ragione strutturale: non si intravedono soggetti economici italiani che oggi abbiano la forza e la convenienza di sottrarsi alla logica degli accordi di sistema.

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