Romano Prodi: Bce ha finito le munizioni contro la crisi, ora serve un’altra politica

venerdì, 22 aprile 2016

Romano Prodi è stato intervistato dal “Corriere della Sera” di venerdì 22 aprile 2016 in merito a diversi temi, con una particolare attenzione a ciò che afferisce l’Europa. Sulle politiche adottate per contrastare la più grave crisi economica del secondo dopoguerra l’ex presidente della Commissione UE è da tempo critico, sopratutto nei confronti dell’austerità imposta dalla Germania. Romano Prodi rimarca come la Banca centrale europea, l’unica istituzione comunitaria definibile come “federale”, abbia compreso il pericolo di una stagnazione di molti anni, e abbia evitato il disastro grazie alla sua politica monetaria non convenzionale. La Bce, dopo il “tragico” aumento dei tassi di interesse della primavera 2011 che favorì la crisi dello spread, ha adottato una pluralità di misure che hanno rassicurato i mercati finanziari sulla tenuta dell’eurozona. Le operazioni di maxi liquidità LTRTO hanno consentito alle banche di numerosi Stati di evitare nuovi crolli, mentre il programma Omt ha evitato il collasso dell’unione monetaria. I tassi di interesse chiesti dai mercati per il rinnovo del debito sovrano sono vistosamente scesi, garantendo a Paesi in difficoltà come Italia e Spagna di evitare una bancarotta che sembrava tanto inevitabile quanto esiziale nell’estate del 2012. Vista l’impossibilità, anche politica, di reggere una terza recessione in pochi anni la Bce ha poi avviato il Quantitative Easing che ha consentito un’ulteriore riduzione dei costi di interesse, anche se per ora l’inflazione rimane lontana dall’obiettivo dell’1,8% di crescita annuale. Per Prodi dopo l’aumento del QE a 80 miliardi di acquisti l’anno la Bce non potrà fare più molto. Una valutazione condivisibile, visto che al di là dell’efficacia, la Banca centrale europea difficilmente potrà aumentare in modo rilevante il volume di titoli dell’eurozona. La crescita dell’eurozona però è ancora modesta, e incapace di riassorbire l’elevata disoccupazione che si registra in numerosi Paesi membri. La divergenza a livello monetario è stata curata dalla Bce, che ha impedito la deflagrazione del sistema finanziario europeo, che non avrebbe potuto reggere differenziali così alti dei costi di rifinanziamento dei suoi operatori. La divergenza economica rimane però molto alta, e secondo Prodi solo una politica economia diversa può impedire l’arrivo della stagnazione secolare. Espressione coniata negli anni ’30 per indicare una fase di tassi naturali di interesse e favorire solo l’accumulo del rispariosì bassi da scoraggiare gli investimenti. ” La Banca centrale ha capito il pericolo di una stagnazione prolungata e fa di tutto per evitarla. Ha evitato il disastro, ma ha esaurito le sue munizioni. Il pericolo della stagnazione è ancora di fronte a noi: se continuiamo con la distruzione della classe media e l’accumulazione della ricchezza nella classe più elevata, che non consuma, costruiamo la stagnazione secolare”. Prodi riecheggia la tesi di Lawrence Summers, economista americano in passato segretario del Tesoro di Clinton , che chiede agli Stati di non fare più “riforme strutturali”, ovvero politiche di miglioramento della competitività dal lato delle imprese, cioè dell’offerta, ma di garantire una adeguata domanda aggregata, con maggior ridistribuzione del reddito e più investimenti pubblici.

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