Il populismo inizia a esser un ostacolo per il M5S

venerdì, 13 maggio 2016

La natura sempre più contraddittoria del Movimento 5 Stelle sta emergendo in questi primi mesi del 2016. Gianroberto Casaleggio è purtroppo morto dopo una lunga malattia che l’aveva allontanato dalla guida quotidiana del M5S, mentre Beppe Grillo è tornato con sempre maggior convinzione a fare il suo antico mestiere di comico, messo nel congelatore per alcuni anni per fare il leader politico. Il M5S di Luigi Di Maio, il componente più autorevole del cosiddetto direttorio, appare sempre più diverso dal movimento dei cittadini sognato dai due fondatori. Grillo e Casaleggio, pur con numerose contraddizioni, sognavano una forza popolare che si ponesse in frontale contrapposizione con il sistema: contro i partiti, in primis, ma anche contro tutto quello che sapeva di “palazzo e potere”. L’alternativa alla politica tradizionale era il populismo, termine ormai diventato omnicomprensivo, quasi senza più significato come riformismo. Il populismo rivendicato dai militanti a 5 Stelle sulle loro bandiera si faceva forza anche di un complottismo contro ogni forma di potere che schiaccia i cittadini, dalle elite finanziarie del gruppo Bilderberg ai vaccini delle compagnie farmaceutiche. Questa impostazione ha permesso al M5S di essere l’unico catalizzatore della protesta anti sistema, esplosa con la più grave crisi economica e sociale vissuta dall’Italia nel secondo dopoguerra. La formula appare però logora, e incapace di portare il M5S al potere. I 5 Stelle potrebbero conquistare due delle maggiori città italiane, Roma e Torino, un trampolino di lancio per la sfida finale al PD per il governo nazionale. Il M5S diventerebbe così un partito, a suo modo, dell’establishment, e di conseguenza alcuni antichi miti fondativi sarebbero un ostacolo per il suo nuovo ruolo. Lo dimostrano diverse cose. La difesa di sindaci indagati per abuso d’ufficio, o i ripetuti incontri con l’establishment organizzati in questi mesi da Di Maio in giro per l’Europa. Lo dimostra ancora di più il comportamento dei 5 Stelle in Parlamento. Come ben racconta Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore di venerdì 13 maggio 2016, da quando il gruppo parlamentare M5S è guidato dal direttorio è salita considerevolmente la collaborazione con la maggioranza di governo.

Le astensioni sui provvedimenti approvati sono raddoppiate, con un leggero calo dei voti favorevoli. Come mostrato anche sulle unioni civili. Benchè all’esterno proponga ancora una forma di opposizione frontale a Renzi e al PD, sopratutto sulla comunicazione, i parlamentari pentastellati non votano contro in quasi metà dei provvedimenti. Una strategia che pare sempre più lontana dal populismo grillino di antica memoria, che prometteva l’apertura del Parlamento come una scatoletta di tonno.

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