Duemila morti in cinque mesi: la strage dei “non aventi diritto” africani a cui ci siamo abituati

lunedì, 30 maggio 2016

Meno di tre anni or sono, il 3 ottobre 2013, il naufragio di 300 eritrei vicino alle coste di Lampedusa scosse la cattiva coscienza degli europei. Inginocchiati in un hangar davanti a tante bare, il premier italiano Letta e il commissario Barroso reiterarono all’unisono il solito “mai più”.
Invece ci siamo abituati. I settecento morti in mare dei giorni scorsi non hanno più provocato la stessa reazione emotiva. I giornali ne registrano la tragedia con cronache terribili ma senza alcuna riflessione ulteriore, come se dovessimo rassegnarci all’inevitabilità della ripetizione. L’Unhcr calcola che nei primi cinque mesi del 2016 siano già duemila i morti nel Mediterraneo.
Uno dei motivi d’imbarazzo sottaciuti è la constatazione relativa alla nazionalità degli annegati: si tratta di persone che non fuggono dalla guerra in Siria, bensì dai numerosi conflitti e dalla povertà che affliggono l’Africa subsahariana. Non sono contemplati. Buona parte dei leader politici europei li considerano “non aventi diritto” all’asilo politico. Usano la formula riduttiva e ipocrita di “migranti economici” per giustificare la scelta ottusa e anacronistica del respingimento per lavarsene le mani. Bloccato provvisoriamente, grazie all’accordo con la Turchia, il flusso dei siriani, degli iracheni e degli afghani sulla rotta balcanica, chiudono gli occhi di fronte all’enormità della questione africana con cui l’Europa è chiamata a fare i conti. Succede anzi che diversi Stati dell’Ue dirottino i fondi prima destinati alla cooperazione allo sviluppo in Africa per destinarli all’accoglienza dei profughi delle guerre mediorientali, con ciò aggravando le situazioni che spingono moltitudini di poveri a lasciare i paesi d’origine.
Il boom demografico africano -a metà del ventunesimo secolo si prevede che la popolazione del continente nero raddoppierà, superando la quota di due miliardi- s’impone come questione centrale negli squilibri mondiali. Affrontarlo col presupposto che si tratti di persone “non aventi diritto” a migrare significa solo chiudere gli occhi.

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