Le poco fondate critiche a Roberto Benigni per il suo sì alle riforme costituzionali

venerdì, 3 giugno 2016

Roberto Benigni è una delle personalità più popolari in Italia. L’attore toscano è spesso intervenuto nel dibattito pubblico nel nostro Paese, suscitando talvolta forti polemiche. L’intervista a La Repubblica di giovedì 2 giugno 2016, in cui ha annunciato il suo sì al referendum sulle riforme costituzionali, ha suscitato una reazione negativa particolarmente accesa. Sia sugli organi di informazione, in particolare tra quelli schierati o più vicini alle ragioni del no, sia sui social media, dove le critiche sono state spesso sostituite da un profluvio di insulti. A Roberto Benigni è rimproverata una incoerenza di fondo, e un asservimento al potere che sembrano però critiche assai deboli. Sicuramente l’attore toscano, prima del colloquio con Ezio Mauro, ha dimostrato di esser incerto: dopo un incontro con Renzi era sembrato orientato al sì, per poi palesare una predisposizione verso il no. Nel suo dialogo con l’Ansa Benigni aveva però già detto di esser favorevole al superamento del bicameralismo perfetto, che è uno dei pilastri della riforma costituzionale sottoposta a referendum. Se si può comprendere la critica al cambiamento di opinione, per quanto sia oggettivamente poco rilevante visto che si parla di un attore, più dubbi suscita il rimprovero di incoerenza verso chi sostiene che la Costituzione italiana sia la più bella del mondo. Oggetto di votazione è la seconda parte della Carta, che non riguarda la sfera valoriale elogiata da Benigni. Il bicameralismo perfetto o il Titolo V hanno poco a che vedere coi principi fondamentali della Repubblica sanciti dai primi articoli. Ancora meno senso sembra avere l’accusa di “genuflessione al potere”. Se è assolutamente vero che il “potere” attuale, rappresentato da Renzi, è schierato per il sì, allo stesso modo bisogna riconoscere come il referendum costituzionale è erroneamente presentato come una sfida politica tra schieramenti pro e contro l’attuale presidente del Consiglio. Questo tipo di dibattito non fa bene al Paese, né in un senso né nell’altro, perchè i cittadini devono votare su un preciso progetto di riforma. Il “referendum” su Renzi ci sarà, nel caso, alle prossime elezioni politiche. Non che sia un titolo di merito, ma Benigni è storicamente schierato con il partito della sinistra italiana, prima il Pci, ora il PD, e non stupisce sinceramente che possa votare coerentemente alla linea del suo partito di riferimento.

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