Il network ramificato dei mendicanti africani e il “pocket money” che non basta

venerdì, 10 giugno 2016

Dopo il fenomeno dilagante dei lavavetri ai semafori, è facile prevedere l’impatto negativo che eserciterà l’ormai ramificato network di mendicità che vede protagonisti tanti giovani africani di recente immigrazione. Stazionano in genere davanti ai supermercati con un cappello in mano, silenziosi. Nell’immaginario di chi va a far la spesa impersonano il profugo vigoroso ma senzaniente approdato fin sotto casa nostra.
Cominciano a essere davvero tanti, non so se e come si “spartiscano” il territorio. Fa male vedere persone così giovani ridotte all’accattonaggio. Nel caso provengano da ospitalità Sprar, cioè siano richiedenti asilo o protezione umanitaria, nei casi migliori la struttura mette loro a disposizione il cosiddetto “pocket money” che ammonta a 2,50 euro giornalieri. Se ne vanno via subito nella scheda telefonica e nelle sigarette.
E poi? E poi bisognerebbe loro offrire impegni formativi (corsi di lingua e formazione professionale). E poi bisognerebbe che fossero consentite loro forme legali di lavoro temporaneo, anche per sottrarli a un destino segnato di devianza.
Questa mendicità più o meno organizzata è fenomeno che va facendosi appariscente, già m’immagino le strumentalizzazioni allarmistiche che susciterà. I danni che provoca sono assai inferiori al suo impatto. Ma intervenire per tempo con delle alternative d’impegno per questi mendicanti venuti dal mare sta diventando davvero necessario.

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