Buttafuoco e il delitto di Fermo: mi spiace per te, ma il fascismo è razzista fin dai tempi di “Faccetta nera”

lunedì, 11 luglio 2016

Su “Il Fatto” di lunedì 11 luglio 2016 Pietrangelo Buttafuoco si cimenta in una lodevole presa di distanze dai “sè dicenti” fascisti, ovvero dall'”uomo che ha disonorato l’Italia a Fermo, e gli avvinazzati dell’identitarismo pronti solo al sabba da Bar Sport”.
Ripeto, non si può che apprezzare l’intento. Ma sostenere che l’ultrà fermano Amedeo Mancini non abbia nulla a che fare con la matrice culturale del fascismo italiano, è davvero un argomento dalle gambe corte. Dice Buttafuoco che i fascisti d’antan, uomini d’onore, mai avrebbero usato l’espressione “scimmietta” all’indirizzo di una donna africana; e a tal fine gli contrappone la presunta nobiltà di una canzone coloniale come “Faccetta nera, bella abissina”. Ma ha presente, Buttafuoco, come si comportarono gli occupanti italiani in Abissinia? Possiamo concedergli che in epoca coloniale la tesi della superiorità della razza bianca, incaricata di una presunta missione civilizzatrice nei confronti di popolazioni ritenute inferiori, animava pure altre potenze imperiali non fasciste. Ma il nazionalismo esasperato del regime mussoliniano si avvaleva di una retorica pubblica razzista già ben prima della promulgazione delle infami leggi del 1938. Basta rileggere i giornali dell’epoca: il razzismo fascista non è spuntato all’improvviso e non aveva nulla di nobile o di difendibile. Proprio come quello degli “avvinazzati da Bar Sport” da cui oggi Buttafuoco prende le distanze, vergognandosene.

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