Il summit da Casaleggio: più si avvicina la vittoria e meno si capisce un partito-azienda che sogna democrazia senza partiti

giovedì, 14 luglio 2016

Non riesce a scandalizzarmi il vertice allargato del MoVimento 5 Stelle che si tiene oggi presso gli uffici milanesi della Casaleggio & Associati. Di partito-azienda il nostro paese ne aveva già conosciuto uno più di vent’anni fa (si chiamava e si chiama tutt’ora Forza Italia), con un’impronta padronale e una struttura organizzativa ben più marcate. Siamo ormai assuefatti alla privatizzazione della politica. Perfino Antonio Di Pietro si era inventato uno statuto su misura per tutelare la proprietà del suo movimento, e nonostante ciò si è visto com’è andato a finire.
La differenza sostanziale è un’altra: il movimento ideato da Beppe Grillo e dal padre di Davide Casaleggio aspira dichiaratamente a una democrazia in cui i partiti politici vengano sostituiti da altre forme di rappresentanza della volontà popolare, non meglio precisate se non nella formula nebulosa di “democrazia della rete”. Una prospettiva che lascio a voi se definire utopistica o inquietante, ma che in ogni caso finora custodiscono come prerogativa esclusiva dei loro iscritti, ammessi o respinti insindacabilmente “dall’alto” grazie alla proprietà aziendale del sistema informatico prescelto.
Visto come funzionano i partiti in Italia (e non solo) l’idea di un sistema politico che ne faccia a meno, considerandoli addirittura nocivi, prende sempre più piede. “Fare a meno dei partiti” è una prospettiva che riscuote consensi popolari crescenti ma che non ci garantisce affatto sul futuro della democrazia rappresentativa.
Questo è il nodo che deve sciogliere il M5S, ora che si è fatta concreta la probabilità di una sua vittoria elettorale: chi andrà al potere? Un partito-azienda senza leader che non siano quelli autorizzati dall’alto? Ricordiamoci che i candidati sindaci sono stati selezionati attraverso consultazioni cui hanno avuto diritto di partecipare poche centinaia di iscritti, e sempre sub judice di essere delegittimati dai “proprietari” del movimento. Il pericolo che lo sbocco finale sia di natura antidemocratica non mi sembra campato per aria. Oggi più che mai dovrebbe trovare applicazione legislativa l’articolo 19 della nostra Costituzione che impone (imporrebbe) procedure democratiche ai processi decisionali dei partiti, M5S compreso, anche se loro si ostinano a negare di essere un partito.

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