Fethullah Gulen e la riforma dell’islam che fa paura al presidente-sultano

giovedì, 21 luglio 2016

È impressionante l’argomento con cui Erdogan motiva la grande purga degli intellettuali e dei militari dissidenti in Turchia: sono accusati di essere seguaci del suo ex sostenitore Fethullah Gulen, singolare figura di businessman e predicatore religioso fuggito negli Usa. E chi sarà mai, questo Gulen? Un demonio? Un terrorista? Che cosa?
L’ossessione con cui viene evocato di continuo l’anziano imam ha certamente a che fare con l’influenza tuttora esercitata in Turchia dal suo movimento “Hizmet” (il risveglio) ramificato abilmente grazie a scuole e mass media. Dunque l’insidia di una classe dirigente alternativa, strutturata per affiliazione come una sorta di massoneria o se si vuole di setta parareligiosa.
Ma neanche “Hizmet” basta a spiegare la paranoia di Erdogan. Ai musulmani tradizionalisti di cui il presidente-sultano si erge a paladino, fa paura l’idea stessa di una riforma dell’islam. Gulen rappresenta questa prospettiva di modernizzazione e, se volete, occidentalizzazione dell’islam. È un messaggio destabilizzante per gli assetti di potere dello statalismo clericale. Un po’ come il nuovo sindaco di Londra, musulmano laico e europeo.
La demonizzazione di Gulen rivela la paura dei reazionari per il progresso che li rende superati.

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