La pornografia della Shoah

domenica, 27 gennaio 2008

La mia Giornata della memoria come ogni anno mi conduce nelle scuole, la cosa più utile che possa fare chi come me appartiene alla generazione immediatamente successiva, con la fortuna di avere genitori sopravvissuti a un’ecatombe che non ha risparmiato certo gli altri Lerner rimasti a Boryslav, nella regione di Leopoli, quando i miei nonni paterni scelsero invece di emigrare in Palestina. Domattina dunque racconterò e discuterò con i ragazzi della mia valle piemontese. Ma un pensiero al blog lo voglio affidare. E’ legato al malumore profondo che mi hanno lasciato dentro le novecento pagine di Jonathan Littell, tradotte da Einaudi col titolo “Le benevole”.
In Francia ha vinto il premio Goncourt e l’hanno presentato come un capolavoro, certamente il classico caso letterario: la storia delle atrocità naziste narrate in prima persona da un ufficiale delle SS che dalle fucilazioni di massa in Ucraina (la mia terra d’origine), a Stalingrado, a Auschwitz fino agli ultimi giorni di Berlino, non ce ne risparmia una.
Ebbene, nonostante la sua indubbia potenza narrativa, considero Littell autore di una vera e propria impresa pornografica. E anche attraverso il successo di libri modernissimi come il suo, vedo con disagio farsi avanti questa pornografia della Shoah. Quasi che per ricordare noi dovessimo per forza entrare in una dimensione morbosa, malata: brutto segno dei nostri tempi.
Dico pornografia non solo perchè Littel ha bisogno di inventarsi una biografia incestuosa, un’omosessualità vissuta come colpa, il sesso come ossessione nella mente del carnefice. Ma per il gusto di dettagliare il male in tutte le sue atrocità fino al limite dell’immaginabile. Novecento pagine implacabili nelle descrizioni, zeppe di ogni liquido e di ogni fetore, impregnate di fantasie maniacali, fin nel recondito delle fosse comuni e delle camere a gas.
Ho ripensato alla sobrietà del racconto di Primo Levi come faticosa conquista di razionalità, ma anche come forma di pudore, in difesa della dignità delle vittime. Possibile che nel 2008 occorra la pornografia di Littel per ricordare? O è solo di elettroshock per i nostri sensi assopiti che andiamo in cerca?
Non credo che la casa editrice Einaudi, al tempo in cui la frequentava Primo Levi, avrebbe osato pubblicare “Le benevole” di Littell.

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