A che serve un partito cristiano di destra?

lunedì, 11 febbraio 2008

Dino Boffo

Articolo uscito su “Repubblica”.

Ho provato molta curiosità, l’altra sera, quando il Tg1 ha annunciato con rilievo, nei suoi titoli d’apertura, un’intervista al direttore di Avvenire, Dino Boffo.
Che cosa sta per comunicarci di così importante il mio amico Boffo, la cui relazione fiduciaria con il cardinale Ruini prosegue da quasi vent’anni? Si esprimerà sulla difesa della vita, sul ruolo della famiglia, sulla controversia teologica con gli ebrei? Macchè, la parola gli viene data nei primi minuti del telegiornale, quelli dedicati alla politica interna, subito dopo un resoconto sul braccio di ferro nel centrodestra fra Berlusconi e Casini. Premesso, come di consueto, che la Chiesa non fa scelte di schieramento, il direttore di Avvenire dice finalmente quel che premeva rendere pubblico a lui e a Ruini: “E’ interesse dei cattolici, ma anche dello stesso centrodestra, che sia salvaguardata la presenza in quello schieramento di un partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale cristiana”.
Così noi telespettatori abbiamo potuto arguire che dalla Cei viene trasmesso un duplice invito: all’Udc perché rimanga nel centrodestra; e a Berlusconi perché rettifichi il suo perentorio invito alla confluenza dell’Udc nel Popolo delle libertà, pena la fine della coalizione elettorale.
Poco m’importa stabilire se la dichiarazione di Boffo al Tg1 vada considerata un’ingerenza oppure no. Certo però che un tale singolare, minuzioso interessamento alla sfera partitica, declina assai modestamente il diritto rivendicato dalla Chiesa a intervenire nel dibattito pubblico. Va bene che la religione entra sempre più spesso, a proposito o a sproposito, nei discorsi politici. Va bene che la Chiesa rivendica il diritto-dovere di esprimersi su leggi e regolamenti, come si suol dire, “eticamente sensibili”. Ma dubito esistano argomenti spirituali in favore della salvaguardia di un partito cristiano nel centrodestra.
Di conseguenza vi sono altre domande che rivolgerei a Boffo. Forse Ruini avrebbe preferito che un omologo partito di matrice cattolica sopravvivesse anche nel centrosinistra? La speranza delusa della Chiesa era di ispirarli entrambi, magari nell’attesa che rinasca al centro una nuova Democrazia cristiana?
Fatto sta che il sorprendente intervento a gamba tesa della Chiesa nel dibattito in corso nel centrodestra, denota una sua preoccupazione mondana. Viene il dubbio che alla Chiesa dispiaccia la formazione di due grandi partiti alternativi. Non per motivi religiosi, ma perché un sistema tendenzialmente bipartitico indebolirebbe l’esercizio dell’azione lobbistica in cui s’è specializzata, avvantaggiandosi della frammentazione parlamentare. La politica della Seconda Repubblica è stata afflitta da un crescente degrado morale, ma ciò paradossalmente ha favorito la Cei nel reperimento di interlocutori strumentalmente clericali. La nascita del Pd e del Pdl da questo punto di vista rappresentano un’incognita.
Ricordiamo bene il rammarico con cui Ruini aveva preso atto dell’incontro fra la Margherita e i Ds. Un’ostilità dedicata in particolare ai cattolici di sinistra, primo fra tutti Prodi, che hanno voluto il Partito democratico anche perché lo concepivano come diversa relazione tra fede e impegno politico, cioè come superamento degli anacronistici steccati religiosi.
Oggi la Chiesa si impegna pubblicamente per scongiurare che un’analoga fusione venga realizzata sul versante conservatore. Poco le importa che questo sia già stato l’esito felice di una democrazia matura nel resto d’Europa. Meglio che niente, si aggrappa alla possibilità che sopravviva un piccolo partito cristiano a destra. Calcolando che i cattolici di sinistra già ripetutamente accusati da Avvenire di subalternità al pensiero radicale e di disobbedienza alla dottrina, tornino prima o poi sui loro passi.
Non ho la più pallida idea di come andrà a finire il braccio di ferro fra Berlusconi e Casini. Ma in compenso adesso mi è più chiaro il disegno politico perseguito da Ruini. Guarda caso il leader dell’Udc, non appena subito l’aut aut degli alleati di centrodestra –o vieni in lista con noi, o corri da solo- s’è premurato di far sapere qual è stata la sua prima telefonata: al vicario di Roma, che non è più presidente della Cei ma conserva l’anomalo ruolo di leader politico dei vescovi italiani.
Dispiace che per diventare una democrazia matura l’Italia debba imbattersi pure in questo ostacolo. Dispiace che la Chiesa viva con fastidio la nascita di due grandi partiti alternativi, all’interno dei quali i cattolici possano trovarsi a loro agio. Senza bisogno di rappresentanze parlamentari separate, che a me sembrano piuttosto dépendances curiali per cardinali appassionati di politica.

I commenti sono chiusi.

I commenti di questo blog sono sotto monitoraggio delle Autorità. Ti preghiamo di mantenere i toni della discussione entro i limiti di buona educazione e netiquette in essere come regole del blog. Inoltre usa con moderazione i seguenti comandi di formattazione testo.