L’imperialismo russo qualche volta ci fa comodo

sabato, 12 aprile 2014

Questo articolo è uscito su “Nigrizia”.
Lo stesso giorno in cui Putin annetteva la Crimea alla Federazione russa, a Milano la Pirelli annunciava l’ingresso di Rosneft, colosso moscovita del settore energetico, nel suo azionariato. Del resto la stessa Rosneft un anno fa aveva consolidato una partecipazione importante nella raffineria Saras della famiglia Moratti, senza che nessuno avesse da ridire. Imperialismo economico? Invasione russa alle porte?
Trattasi di un esempio minuscolo della nuova dimensione assunta dalle controversie internazionali fra grandi potenze che hanno diversificato la loro natura statale, militare, energetica, finanziaria, rendendo inattuale la nozione classica di imperialismo-espansionismo.
Possiamo combattere l’espansionismo di Putin nel mentre accogliamo con sollievo l’iniezione benefica di rubli da una società russa controllata al 69% dal Cremino? Chi mai prenderà sul serio le sanzioni economiche minacciate da Usa, Ue e Nato come ritorsione al ritorno della Crimea nei confini precedenti il 1954?
Non voglio illudermi che l’intreccio sovranazionale delle partecipazioni azionarie, il deposito nelle banche occidentali di enormi capitali degli oligarchi russi, e neanche la ramificazione vitale dei gasdotti da cui dipende la compravendita di gas e petrolio, rappresentino una garanzia di pace mondiale. Magari rendessero impossibile una nuova guerra fredda. Troppe brutte sorprese ci ha riservato l’umana irrazionalità per affidarci spensieratamente alle lezioni della storia. Ma certo il nuovo conflitto scatenato da Putin per allargare la propria sfera d’influenza a spese degli Stati Uniti e dell’Europa, ha caratteristiche molto diverse dal passato. La Russia non è più un impero come al tempo degli zar e neanche rappresenta un modello di sistema alternativo come fu il totalitarismo sovietico. E’ un regime oligarchico alle prese con tensioni interne, sociali e etnonazionali, più difficili da nascondere e reprimere rispetto al secolo scorso.
Innestare la retromarcia degli scambi globali, bloccando il vorticoso movimento dei capitali, si è rivelato impossibile dopo l’11 settembre 2001 e anche oggi sarà così. Gli affari non si interrompono. Una buona notizia? Non è detto. Perché la nuova dimensione della guerra imperialistica passa dall’interno di ciascun confine, a cominciare dai paesi in cui risiedono vaste comunità russe per arrivare fino a noi.

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