Oscar Farinetti è un formidabile commerciante -e guai a chi intenda negativamente questa definizione- che ha il difetto di volersi spacciare come portavoce degli interessi generali della nazione. Qualche volta mi è capitato di criticarlo per questa sua foga che, al momento, chissà per quanto, coincide con la retorica pubblica del renzismo. Però lasciatemi dire che sull’incarico senza appalto ricevuto da Expo 2015 per la gestione dei ristoranti, Farinetti ha ragione da vendere. Ma a chi diavolo avrebbero dovuto affidare l’offerta di buona cucina italiana, quelli di Expo? A Autogrill? A Mc Donald’s? Suvvia, non facciamola lunga, tanto più che Farinetti si è voluto/dovuto impegnare a coinvolgere in una rotazione virtuosa e appetitosa i meglio cuochi della penisola lungo l’intero ciclo dell’esposizione. Con la benedizione di Slow Food che vigilerà, spero, anche sull’equa ripartizione degli utili: Carlin Petrini ricorda spesso che vige una sproporzione ingiusta fra quanto guadagnano gli intermediari (commercianti e ristoratori) e quanto invece va in tasca ai produttori, cioè ai contadini e agli allevatori.