Salvini e il senso dell’umorismo: un caso da manuale di vigliaccheria politica

lunedì, 9 marzo 2015

Ancora una volta, ieri, Matteo Salvini ha ironizzato sullo scarso senso dell’umorismo di uno dei suoi bersagli, Mario Balotelli, reo di aver solidarizzato con Muntari (a sua volta oggetto di sarcasmi sugli immigrati).
È tipico dei vigliacchi precisare che loro avevano scherzato e sono gli altri a non aver capito. Ma qui il vigliacco è Salvini, uno che fa politica di mestiere, e misura benissimo chi deve capire cosa, soprattutto nel suo pubblico compiacente. Gli strizza l’occhio, cone qiando blaterava di carrozze separate per gli immigrati sulla metropolitana milanese, salvo rettificare il giorno dopo.
Dunque la vigliaccheria di chi accusa l’altro di non aver capito, o di non essere abbastanza spiritoso, tradotta in politica diventa fascismo. Ovvero soperchieria, aggressione mascherata. Così del resto ha fatto Salvini sabato 28 febbraio nel comizio di Roma: fingeva di rinproverare la piazza per i “vaffanculo” gridati agli avversari, ironizzando sulle accuse che gli avrebbero procurato, salvo poi urlare gli stessi improperi nel microfono lui stesso, in un orgasmo di complicità.
La vigliaccheria di Salvini è pericolosa perché legittima comportamenti aggressivi e offensivi, anche per imitazione, salvo poi lavarsene le mani.
In definitiva, è il senso dell’umorismo di Salvini a poter essere definito lurido.

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