Elezioni, Comunione e Liberazione si divide in tre

venerdì, 18 gennaio 2013

Roberto Formigoni annuncia, ovviamente su Twitter, la sua candidatura con il Pdl  “nella testa di lista” per il Senato della Lombardia nello stesso giorno in cui uno storico esponente ciellino come Graziano Debellini, imprenditore veneto in passato alla guida della Compagnia delle Opere, dichiara il suo voto per Pierluigi Bersani. Una divisione che si aggiunge alla candidatura di Mario Mauro con la lista civica di Monti, dopo che molti esponenti ciellini del Popolo della Libertà, tra i quali lo stesso Formigoni, avevano provato con “Italia Popolare” a spostare il loro partito verso l’appoggio all’ex Rettore della Bocconi, ed alla rottura definitiva con la Lega Nord poi tornata alleata di Berlusconi.

 

Comunione e Liberazione, il movimento religioso fondato da Don Luigi Giussani, è stato un importante protagonista della vita politica e sociale degli ultimi 20 anni. L’affermazione imprenditoriale della Compagnia delle Opere, l’associazione delle imprese che raggruppa decina di migliaia di aziende e realtà del non profit vicine a CL, e i crescenti ruoli di spicco assunti dai ciellini nelle istituzioni – in primis il leader storico Roberto Formigoni – hanno accresciuto il peso di quella che viene chiamata, anche in termini critici, “la lobby di Dio”.

Negli ultimi anni CL è sempre stata vicina a Silvio Berlusconi, ma da alcuni mesi il movimento si è distaccato dal leader del Popolo della Libertà, una posizione culminata nel comunicato dell’ufficio stampa di inizio 2013 nel quale si ribadiva come ” l’unità del movimento non è una omologazione politica, tanto meno si identifica con uno schieramento partitico, ma è legata all’esperienza originale di CL.  L’impegno politico in senso stretto riguarda la persona e non CL in quanto tale. Per parte sua, il movimento guarda con simpatia chi, tra i suoi aderenti, decide di assumersi il rischio di un tentativo politico; e si augura che dall’educazione ricevuta, e in continuità col magistero ecclesiale, tragga continuamente i criteri ideali per impegnarsi in favore del bene comune, della libertà della Chiesa e del benessere anche materiale del Paese, assicurando con la propria presenza nelle istituzioni le condizioni di una reale democrazia, cioè una libertà espressiva e associativa delle persone e delle formazioni sociali”.

Prima delle elezioni politiche del 2006 la Compagnia delle Opere si schierò in modo pubblico in favore della Casa della Libertà, scagliandosi in modo assai aspro contro l’Unione di Prodi, ma ormai una simile scelta sembra appartenere al passato. Già nel maggio del 2012, quando erano scoppiati i primi scandali legati all’amministrazione regionale lombarda di Formigoni, il presidente della Confraternità di Comunione e Liberazione Julián Carrón  aveva scritto una lettera a “Repubblica” nella quale annunciava una “lunga strada da fare per il movimento”. La presa di posizione di Don Carrón era stata interpretata da molti osservatori come un “abbandono” di Formigoni, ma secondo uno storico esponente ciellino come Robi Ronza in realtà si tratterebbe della fine della “stagione democristiana” di CL. Con questa espressione Ronza intende la conclusione dello stretto legame del movimento con un partito singolo, esperienza iniziata ai tempi di “Movimento popolare”, una corrente andreottiana nella Democrazia Cristiana, e  proseguita negli anni della II Repubblica prima in Forza Italia e poi nel Popolo della Libertà di Berlusconi e Formigoni. 

Il “Celeste” è dunque tornato all’ovile berlusconiano, dopo un lungo peregrinare scandito dai suoi cinguettii su Twitter,  prima contro la Lega, per Monti e Albertini, e poi facendo macchina indietro attaccando il presidente del Consiglio e l’ex sindaco di Milano, ma in questo tragitto ha perso una parte del mondo che l’ha portato ad essere uno dei politici di maggior peso del centrodestra italiano. In Lombardia molti esponenti legati a Formigoni saranno accanto al loro leader storico nel sostegno a Berlusconi e a Maroni, ma il fermento nel movimento ciellino sembra confermare come un’epoca si sia irrimediabilmente conclusa.

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