Mi auguro di sbagliarmi ma ho l’impressione che da qualche giorno Roberto Maroni sia in fuga. “La Padania” segnala poche iniziative elettorali, forse sapendo che i giornalisti andrebbero a fargli la posta là dove il candidato presidente della Lombardia si presenta in pubblico. Partecipa solo a trasmissioni addomesticate. La fedelissima portavoce Isabella Votino gli evita situazioni da selva di microfoni davanti alla bocca. Nessuna risposta a chi gli chiedeva di partecipare a un confronto tv con i suoi competori Ambrosoli, Albertini, Carcano, Pinardi. L’ultima volta che abbiamo sentito la sua voce è stato per annunciare querele contro “Repubblica” e “Il Fatto” che adombravano tangenti di Finmeccanica alla Lega. Ma resta il fatto che Giuseppe Orsi è stato molto, molto vicino a Maroni. Il quale si è compiaciuto di rivendicare un ruolo decisivo nella sua nomina, solo pochi mesi fa. La base leghista ribolle di malumori, la ramazza è stata sostituita da piccate dichiarazioni contro “la giustizia a orologeria”. Ci chiediamo se prima della fine della campagna elettorale Maroni avrà la compiacenza di rispondere alle domande della libera stampa. O se intenda limitarsi a una propaganda senza confronto che testimonia solo il suo imbarazzo.
Ricordo ancora una volta che nel periodo in cui si dispiegavano le più incredibili malversazioni e ruberie di denaro pubblico, anche da parte di esponenti del suo partito, Maroni era ministro degli Interni. Cioè il politico incaricato di vigilare sull’ordine pubblico e la legalità. Possibile che con tutti gli apparati di cui disponeva non si sia accorto di nulla? Incapace o connivente?