Alfano fa la faccia feroce in Val di Susa ma non recupera la credibilità perduta

sabato, 21 settembre 2013

Fanno la faccia feroce. Enfatizzano il comunicato di due brigatisti detenuti come se fossero capipopolo in grado di muovere un esercito. Aizzano e esasperano con ogni pretesto remoto, come il senatore Stefano Esposito nel post qui sottostante… Non è rinforzando la presenza delle forze dell’ordine in Val di Susa che si risolverà il problema. Anzi, la tensione crescerà. Come accadde in Alto Adige, in Barbagia, in Aspromonte. Ma temo che questo sia il desiderio del ministro degli Interni, Angelino Alfano, che altrimenti non userebbe un linguaggio sì bellicoso di fronte a una popolazione locale che sa benissimo essere schierata in maggioranza contro la Grande Opera. L’impressione dolorosa, condivisa anche negli ambienti della magistratura torinese che indagano sugli atti di violenza in Val di Susa, è che vi sia una politica cinica interessata a lanciare la provocazione, per poi cavalcarla. Sicuri che tanto qualche No Tav irresponsabile ci cascherà. Gli argomenti non mancano: che senso ha predicare l’ordine in Val di Susa da parte di un ministro che si è comportato come Alfano nella vicenda Shalabayeva? Che senso ha perseguire i No Tav in Val di Susa mentre altrove una cricca politico-affaristica legata a una corrente del Pd viene accusata di corruzione per l’Alta Velocità a Firenze? Ma soprattutto: che senso ha chiedere al movimento No Tav di rinunciare alla sua ragione di fondo, e di accettare cioè il fatto compiuto del traforo, quando i dubbi sulla sua effettiva realizzazione serpeggiano dalle cancellerie europee fino ai ministeri economici italiani? E’ tutt’altro che un’eventualità remota che fra un paio d’anni si alzi il ministro di chissà quale governo per dire: “Mi dispiace, sarebbe stato un bellissimo progetto, ma la crisi ci impone altre priorità. Se ne riparlerà magari fra vent’anni…”.

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